Gli scritti di Antonio Pezzullo
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I miei Top 20 degli “assoli” di chitarra più belli di sempre
La mia personalissima classifica su quello che considero i migliori 20 assoli di chitarra più belli di sempre. Essa è basata non necessariamente sulla complessità tecnica ma sul loro gusto e bellezza, armonia e liricità o semplicemente perché mi hanno particolarmente colpito al primo ascolto.
20 posto: Purple Rain - Prince
Inizio da Prince, il celebre artista molto esuberante, di grande “teatralità”, nonché musicista poliedrico di grande talento.
Il “Principe” di Minneapolis, oltre ad essere stato un ottimo cantautore di successo, è stato anche un brillante chitarrista. L’assolo finale del suo celebre brano “Purple Rian” lo ritengo degnissimo di far parte di questa classica e lo consiglio di ascoltare fino in fondo perché è dotato di grande fascino. Prince personalizzava le sue chitarre, usando alcune dalle forme inconsuete ed alquanto strane, traendo ispirazione da un grande chitarrista che vedremo più avanti. Tra l’altro, le sue doti di chitarrista sono note e testimoniate – oltre che in numerosi suoi brani - anche in un memorabile assolo in “While my guitar gently weeps”, il celebre brano dei Beatles che Prince interpretò in un famoso evento-tributo a seguito della scomparsa di George Harrison.
Il brano “Purple Rain” fu pubblicato nel 1984 ed è tratto dall’omonimo album. Il brano ottenne un grande successo mondiale, sia nella musica sia nel cinema. Raggiunse contemporaneamente la prima posizione nelle classifiche americane dei singoli, degli album e dei film. Solo i favolosi Beatles c’erano riusciti prima! Addirittura Il film omonimo vinse anche il premio Oscar per la miglior colonna sonora con canzoni originali.
Insomma, la sua fu un’entrata “principesca” nel panorama della musica mondiale.
19 posto: Beat It - Michael Jackson
Dopo il Principe, ora è la volta dell’indiscusso “Re del Pop” Michael Jackson. La storia di questo brano, tratto dall’album capolavoro Thriller, è davvero curiosa. Il giovane MJ aveva intenzione di scrivere un brano hard rock innovativo. Dopo aver scritto una prima versione di Beat It, il cantante americano non era ancora soddisfatto perché intuiva che gli mancava qualcosa. Allora il suo produttore, Quincy Jones, grande conoscitore della musica mondiale, ebbe l’idea di telefonare al Re dei chitarristi heavy metal: Eddie Van Halen. Il talentuoso chitarrista di origini olandesi, dapprima sbalordito per quella inaspettata chiamata, dopo una lunga corte del potente produttore accettò, anche se con una certa perplessità. Una volta in studio però fu conquistato dal talento del giovane Michael che gli diede carta bianca per inserire la creazione di un suo assolo dove voleva. Eddie Van Halen così arrangiò parte della canzone per inserire l’assolo al posto giusto ma non si rese subito conto che stava costruendo qualcosa che sarebbe rimasto per sempre. Infatti a chi gli chiedeva di questa strana collaborazione, Eddie rispondeva solo di aver eseguito un assolo che nessuno avrebbe ricordato come suo, in un disco di un giovane artista promettente (prima MJ aveva fatto solo un disco solista). Mai previsione fu più errata!
Pochi sanno che “Beat it” ha un testo contro la violenza delle bande giovanili che in quegli anni imperversavano nelle grandi metropoli americane. Inoltre, nel brano suonano altri tre musicisti straordinari come Steve Lukather al basso e chitarra ritmica, i fratelli Jeff Porcaro alla batteria e Steve Porcaro ai sintetizzatori, tutti facenti parte dei “Toto”, celebre gruppo musicale.
Il leggendario assolo di Eddie Van Halen, oltre ad essere suonato con la particolare tecnica del “tapping” portata al successo dal grande maestro con la sua inseparabile chitarra Frankenstrat, piacque subito a tutti i fan del “Re del Pop”. L’album “Thriller” sarebbe diventato il disco più venduto di sempre grazie anche al successo mondiale di “Beat It”, frutto della sublime collaborazione di due indiscussi RE!
E’ inutile sottolineare la bravura e l’immenso talento di MJ come musicista, cantante e ballerino, un fuoriclasse assoluto che ho avuto la grandissima fortuna di vedere dal vivo tanti anni. Era come D10S, di un altro pianeta!
18 posto: Back in Black - AC/DC
E’ la volta di una delle più grandi band della storia.
Il "solo" dello "scolaretto" Angus Young nel brano "Back in Black" non ha bisogno di troppe presentazioni, essendo "notissimo" come del resto il grande gruppo australiano, che curiosamente ha tutti nativi britannici. Tratto dall'omonimo album, Back in Black è anche il secondo LP più venduto della storia dopo l'irraggiungibile "Thriller" di MJ. In questo assolo troviamo tecnica, sonorità e grande gusto. Gli AC/DC sono uno dei più grandi gruppi hard rock, particolarmente attivo negli anni 80. La loro grande energia la trasmettono anche e soprattutto nei concerti live dove sono tra i più grandi maestri del genere!
Buon ascolto e non alzate troppo il volume…
17 posto: Free Bird - Lynyrd Skynyrd
Oggi è la volta di "Free Bird" della band americana dal nome quasi impronunciabile, un brano che è diventato col tempo un classico del rock e delle performance live. E' talmente entrato nell'immaginario collettivo che in America, alla fine dei concerti dal vivo, qualunque sia l'artista che si sia esibito, spesso il pubblico chiede come "bis" proprio questo brano!
Il brano è caratterizzato da due parti ben distinte, una prima in cui prevale una soft chitarra slide che accompagna la dolce melodia mentre nella seconda parte si scatenano almeno due chitarre soliste, di cui la più celebre è quella di Gary Rossington, per produrre un lungo assolo di notevolissima fattura.
Il brano è dedicato alla scomparsa del chitarrista Duane Allmann dell'omonimo gruppo, a cui il chitarrista principale dei L.S. , Gary Rossington, si è ispirato. Il gruppo si sciolse nel 1977 a seguito del terribile incidente aereo che decimò la band. Nonostante tutto, diversi anni dopo si riformò e continuò la sua musica anche per onorare la memoria dei membri scomparsi.
Per il loro modo di esibirsi dal vivo, punto di forza della band, dove espongono la bandiera sudista degli stati confederati americani (da qualcuno considerata ancora simbolo di razzismo), negli anni il gruppo è stato visto con sospetto da una parte dell'opinione pubblica americana. Come più volte ribadito dal gruppo, essa non ha mai avuto alcun significato politico ma voleva ribadire solo la loro orgogliosa origine, così come avevano fatto in passato altri grandi artisti come Elvis Presley. La storia ha dato loro ragione ed anche se tardivamente nel 2006 alla band americana, massima esponente del "suothern rock", è stato dato il giusto riconoscimento facendola entrare nella "Rock and Roll Hall of Fame" per i loro meriti artistici. L'esibizione dal vivo qui proposta è proprio la loro performance in occasione del meritato riconoscimento.
16 posto: Breezin’ - George Benson
Brano strumentale di grandissimo fascino, Breezin’ è stato uno dei primi successi internazionale di questo notevole e poliedrico artista.
George Benson nasce come chitarrista jazz per poi spaziare negli anni dal R&B fino al Pop, un artista completo, a 360 gradi. Insieme alla sua inseparabile chitarra Ibanez, il talentuoso chitarrista americano ha dato vita a tanti capolavori tra cui questa splendida Breezin’, tratta dall’omonimo album del 1976 che lo proiettò per la prima volta in testa alle classifiche mondiali.
Grazie ad una tecnica sublime, le sue melodie, i fraseggi e gli assoli di chitarra sono sempre stati caratterizzati da classe e delicatezza, con gusti e tocchi di estrema raffinatezza. Il suo modo di suonare e cantare ha ispirato tanti artisti. Tra i tanti i suoi successi, si spazia da “On Brodway” a “Give me the Night”, da “Turn your love Around” a “The Greatest of All”, che fece anche la fortuna artistica della giovane Whitney Houston.
George Benson è anche il più raffinato maestro della cosiddetta tecnica dello “Scat”, ossia quella di creare vocalizzi che si sovrappongono ai fraseggi solisti suonati con la chitarra. Una tecnica che ispirò ad esempio molto anche il nostro Pino Daniele, che spesso l’ha utilizzata in diversi brani, riconoscendolo sempre come maestro ispiratore.
15 posto Corazón Espinado – Carlos Santana
“Corazón Espinado” è uno dei più riusciti esempi di “rock latino”. Ha una stupenda musicalità che è arricchita dall’assolo gioiello del grande maestro messicano. Scritto, prodotto e cantato da Fher Olvera, il brano è contenuto all’interno dell’album “Supernatural“, diciottesimo album in studio di Carlos Santana uscito nel 1999. “Corazon Espinado” ha raccolto premi e successi in tutto il mondo ed è ricordato soprattutto per il grandissimo assolo che per gusto, armonia e melodia, esprime in pieno le potenzialità e la bellezza del rock latino.
Chitarrista di grandissimo talento, Santana nel corso della sua carriera ha mescolato più generi, dalla salsa al blues, dal rock alla fusion. Tanti i successi ottenuti come “Samba Pa Ti”, “Europa”, “Oye Como Va”, fino al rilancio con i capolavori contenuti nell’album “Supernatural” come il già citato “Corazon Espinado” o “Maria Maria”, che fece conoscere il suo stile anche alle nuove generazioni degli anni 2000. La sua bravura tecnica nel suonare la chitarra e la sua lunga carriera l’hanno consacrato uno dei più grandi chitarristi viventi.
14 posto: Layla – Eric Clapton
Oggi le presentazioni da fare sono poche perché sia l’artista che la canzone sono entrati direttamente nella storia del Rock!
Due parole però vanno dette sulla nascita di questo capolavoro. Il pezzo fu pubblicato per la prima volta nel 1970 nell’album “Layla and other assorted love song” dei “Derek and the Dominos”, un gruppo rock allora guidato da Clapton.
All’epoca il leggendario Slowhand (Manolenta), come chiamato affettuosamente dai fan, era già un chitarrista famoso, aveva già fatto parte di diversi gruppi di grande successo come gli “Yardbird” ed i “Cream”, nonché aveva precedentemente collaborato in un celebre pezzo dei Beatles nel White album, su invito del suo grande amico George Harrison.
Proprio la stretta amicizia e la frequentazione con un altro grande chitarrista come George Harrison lo portò suo malgrado ad innamorarsi della bella moglie di George, la celebre modella Patty Boyd. All’epoca si trattava di un amore impossibile. Eric diede sfogo a questo suo folle sentimento creando questa stupenda canzone d’amore, ispirata ad un racconto arabo chiamato “Layla e Majnum” dove la principessa Layla era costretta dal padre a sposare un uomo diverso da Manjum che, perdutamente innamorato, diventò pazzo quando lo venne a sapere.
La storia ovviamente colpì l’artista e subito l’associò alla sua storia impossibile, anche se occorre dire che diversi anni dopo, dopo che George e Patty si separarono, Eric ne prese finalmente il posto e la sposò, creando in quell’occasione un’altra grandissima canzone come “Wonderful Tonight”. Del resto Patty Boyd aveva a suo tempo ispirato altre celebri canzoni, composte da Harrison quando era nei Beatles, come Something e For your Blue. Ma non tutte le storia d’amore finiscono bene perché qualche anno dopo il felice matrimonio, anche Clapton e Boyd si separarono.
La cosa positiva di queste “storie di vita vissuta” fu la nascita di un capolavoro immortale. Basta il leggendario riff iniziale per capire subito di quale brano si tratti, oltre naturalmente all’assolo nel corpo della canzone che ha anche una bellissima seconda parte, in cui domina un bel pianoforte. In questa versione dal vivo, il leggendario chitarrista britannico l’interpreta con un’altra leggenda del rock, Mark Knopfler dei Dire Straits. Una regale accoppiata di fuoriclasse!
13 posto: Stone in Love - Journey
E' la volta di "Stone in Love", brano dei “Journey”, un gruppo americano molto attivo a cavallo tra i 70 e gli 80. Pur meno famoso di un altro grande gruppo californiano che vedremo più avanti, i Journey sono però la solita eccezione che conferma la regola nel panorama della musica americana, che tradizionalmente fa emergere molti più artisti solisti che gruppi, a differenza di quanto avviene nella musica britannica. Il pezzo è tratto dall'LP "Escape", che è ritenuto uno dei loro capolavori, dove troviamo un altro brano notevole come “Don't Stop Belivin'”
In "Stone in Love" il virtuoso chitarrista Neal Schon esegue un assolo magistrale, di grande energia e bellezza, con una sonorità che poi non ti esce più dalla testa.
Un assolo davvero notevole!
12 posto: Kid Charlemagne - Steely Dan
Oggi tocca ad uno storico brano degli Steely Dan che si chiama "Kid Charlemagne". E' un brando di grande raffinatezza, un esempio di perfetta "fusion" attuata dal gruppo americano che ha avuto il merito di essere stato tra i primi, fin dagli anni 70, a presentare questo genere musicale intriso di influenze jazz, blues, funky e rock.
Oltre all'originali sonorità jazz, il brano presenta un notevole groove, una raffinatezza compositiva non comune e soprattutto è arricchito da un meraviglioso doppio assolo di un grandissimo chitarrista: Larry Carlton, noto anche come Mr. 335 per il suono inconfondibile della sua inseparabile chitarra: Gibson ES335
Il talentuoso chitarrista americano, tra i più eccellenti turnisti esistenti, ha lavorato con i più grandi artisti del novecento. Oltre a questa memorabile presenza, ad esempio ricordo un delicatissimo assolo in "She's out of my life", commovente brano di MJ tratto dal suo LP di esordio da solista "Off the Wall".
11 posto: Innuendo - Queen
A logica avrei dovuto scegliere il magnifico assolo che Bryan May esegue in “Bohemian Rhapsody” ma avrei fatto un torto ad un altro brano dei Queen che mi emozionò sin dal primo ascolto. Poiché al cuor non si comanda, ecco che la mia scelta si è spostata sugli assoli di “Innuendo”, brano omonimo dell’ultimo album dei Queen (con F. Mercury) del 1991. In questa splendida canzone troviamo un doppio assolo, il primo con una chitarra classica-flamenco di Steve Howe (talentuoso chitarrista degli Yes) ed il secondo con la chitarra elettrica di Brian May: un perfetto connubio tra melodie antiche e moderne!
E pensare che gli assoli del brano furono frutto del caso: la canzone non era ancora finita quando negli studi dove registravano, il chitarrista Bryan May vide passare il collega Steve Howe. Tra una birra e una chiacchierata, May gli raccontò che il gruppo stava lavorando ad un nuovo brano, con l’intenzione di aggiungere un assolo originale, qualcosa che s’ispirasse alla musica mediterranea. Howe non si fece ripetere due volte il velato invito dell’amico e tirando fuori, tra le tante chitarra che colleziona, la sua di Flamenco, creò in poco più di un’ora l’assolo del pezzo che piacque moltissimo a May al punto che, oltre ad invitare l’amico ad inciderlo direttamente nel disco dei Queen, decise di doppiarlo con la sua chitarra elettrica, E’ sortita fuori una vera magia musicale che hanno regalato ai posteri!
“Innuendo" è anche l'ultimo lavoro dei Queen con il grande cantante Freddie Mercury ancora vivo. Essa è considerata "la Bohemian Rhapsody degli anni novanta" per le molte similitudini che presenta con quest'ultima. Innuendo è una piccola opera rock, composta da varie parti: inizia come un deciso brano rock, accompagnato dai meravigliosi cori della band, la parte centrale è dominata dallo splendido assolo di chitarra flamenco eseguita da Steve Howe. Ad essa fa seguito la parte hard rock con l'assolo della chitarra elettrica di Brian May. La parte finale si chiude di nuovo con il potente rock iniziale, che suggella il capolavoro. Il brano come l’omonimo album fu registrato peraltro con una certa fretta proprio perché la band sapeva della malattia di Freddie ed il timore della sua fine imminente si riflette in generale su tutti i brani. Tuttavia, la stessa consapevolezza che sarebbe stato l'ultimo lavoro dei Queen ha dato vita ad un disco potente, di altissimo livello: su questo aspetto c'è molta similitudine con "Abbey Road", l'ultimo disco registrato dai Beatles. L'album contiene anche altri gioielli come la splendida ballata “This are the days fo our lifes”, scritta dal batterista Roger Taylor e dedicata all’amico sofferente, così come la celebre "The Show Must Go On", un altro capolavoro che erroneamente è considerato il testamento musicale di Freddie, in quanto fu scritta invece dal chitarrista Brian May ed accreditata come al solito ai Queen.
10 posto: Sweet Child o’ Mine - Guns N’ Roses
“Sweet Child o’ Mine” è un celebre brano del 1987 ed è estratto dall’album “Appetite for Destruction”, il primo album della band americana Guns N’ Roses. Come lo strano nome del gruppo, il loro grande disco di esordio sembra essere formato da due anime musicali, quella “Guns ” della potenza di canzoni come “Welcome To The Jungle” e “Paradise City”, e quella “Roses” dell’amore come “My Michelle” e “Sweet Child O’ Mine”.
“Sweet Child o’ Mine” contiene sia un notissimo riff di apertura sia uno stupendo assolo, diventati leggendari e che hanno dato giusta fama al gruppo hard rock che ha imperversato sullo scenario mondiale della musica a cavallo tra gli anni 80 e 90. Il brano è un’atipica ballata rock in quanto è caratterizzata da un ritmo particolarmente incalzante. La storia di questo brano è curiosa, sembra che sia nato durante una sessione di prove tra il batterista Steve Adler e il chitarrista Slash: quest’ultimo iniziò ad improvvisare un riff per scherzo accompagnandolo da varie smorfie verso il compagno. Il batterista invece restò colpito non dalle smorfie ma da quel suono particolare e gli chiese di ripeterlo ancora. Partì così anche Izzy Stradlin con la sua chitarra ritmica e come per magia nacque in poco tempo la melodia del brano! Il testo fu successivamente composto dal cantante Axl Rose come una specie di lettera d’amore alla sua ex moglie, allora sua fidanzata. Anche tra i solchi del rock più duro poteva emergere un chiaro sentimento di amore e nostalgia per una bellezza che ha lasciato un segno indelebile nell'animo.
Il mitico Slash (pseudonimo di Saul Hudson), talentuoso e istrionico chitarrista inglese che esegue il celebre riff e assolo, in una un’intervista parlando della canzone rivelava che: «io sono quello che inizialmente non è stato un grande fan di Sweet Child O’ Mine all’epoca della sua pubblicazione. Non era tanto per il riff, quanto per il tipo di canzone che rappresentava in quel momento. Noi eravamo una band abbastanza tosta e invece questa canzone era una sorta di ballata dal ritmo vivace. Ho continuato a considerarla così negli anni, ma non avrei mai immaginato che quel riff sarebbe stato apprezzato così tanto»
Quel riff inconfondibile della Gibson Les Paul di Slash invece ha fatto proprio la fortuna della band perché chiunque ascolti le prime note, non può non riconoscere di quale canzone si tratti, al punto che in un sondaggio specialistico, i lettori della rivista musicale inglese “Q” ritengono quel riff di apertura il migliore di tutti i tempi. Invece, per la rivista statunitense “Guitar World”, la canzone è classificata tra i migliori 50 brani di sempre con assoli di chitarra.
E pensare che all’inizio la stessa band riteneva questa canzone come una specie di “musica da circo”.
9 posto: Eruption - Eddie Van Halen
Oggi tocca ad un grande innovatore dello strumento che è stato un protagonista della storia del Rock. Premetto subito che in questa mia classifica ho escluso a priori gli assoli di tutti i brani strumentali non legati ad una canzone, facendo solo due eccezioni: Brezin’ di Benson e Eruption di Van Halen, per l’importanza che essi hanno avuto nel magico mondo della musica moderna.
Eddie Van Halen è stato un prodigioso chitarrista autodidatta. Eruption è tratta dal primo album “Van Halen” del 1978, ed è ritenuta una pietra miliare del genere heavy metal-hard rock. Come spesso accade, il brano strumentale è nato per caso, quando lui e il fratello Alex (che diedero vita al gruppo Van Halen), si misero ad improvvisare durante le session dell’album del loro primo album , prima di un concerto.
Eddie Van Halen con questo brano ha reso popolare la tecnica del “tapping”, ossia suonando la chitarra con due mani, come se fosse un pianoforte. Allora era un approccio talmente rivoluzionario che il fratello Alex gli suggerì di esibirsi tenendo le spalle al pubblico, per non far vedere la tecnica agli altri chitarristi, prima della firma del loro prima contratto discografico!
«Ho iniziato guardando Jimmy Page suonare Heartbreaker con una mano», disse Eddie Van Halen in un’intervista del 2008. «Ho pensato che anch’io potevo suonare in quel modo, ma usando anche l’altra mano». Fu così che nacque l’idea di questa tecnica chitarristica che l’ha reso famoso.
Oltre al tapping, Eddy ha portato altre innovazioni tecniche: ha personalizzato lo strumento come soli pochi artisti hanno fatto, tra cui la chitarra più celebre che ha costruito: la Frankestrat, con un dominante colore rosso tagliato da strisce bianche e nere, nata dal tentativo di combinare il suono di una chitarra Gibson con l’aspetto fisico di una Fender Stratocaster.
Ha fatto un sapiente uso degli armonici artificiali e delle distorsioni. Tuttavia il suo non risultava mai un virtuosismo fine a sé stesso, ma era sempre al servizio della melodia e di ritornelli orecchiabili. Diciamo che reso anche più divertente e popolare la dura musica dell’heavy metal. Come abbiamo visto, celeberrima è stata la sua collaborazione con il giovane MJ in “Beat It” dove il suo leggendario assolo contribuì non poco al successo mondiale del Re del Pop.
Per i suddetti motivi, il grande musicista è da considerarsi nell’Olimpo dei più grandi chitarristi di tutti i tempi.
8 posto: Child in Time - Deep Purple
Cari amici, prendetevi 10 minuti di pausa, mettetevi gli auricolari ed ascoltate questo brano in religioso silenzio fino alla fine! Questa canzone ha contribuito a scrivere la grande storia del Rock.
Il brano in questione è "Child in Time" del gruppo inglese "Deep Purple" ed è un capolavoro senza tempo, tratto dal mitico LP "Deep Purple in Rock" del 1970, considerato a sua volta una pietra miliare del Rock.
L’assolo di questo brano è una meraviglia che ancora incanta. Il talentuoso chitarrista Richard Blackmore, al centro della canzone, esegue un lungo assolo, composto in tre parti: la prima più breve è decisamente in stile rock, la seconda hard rock mentre la parte finale sembra una mini jam session dove la chitarra di Blackmore e l’organo hammond di Jon Lord si uniscono in un finale con stacco da brivi!
Ci sono anche altre caratteristiche che hanno reso leggendaria questa canzone, considerata come una breve "opera rock", dalla durata di oltre 10 minuti, per la sua complessa struttura musicale. Partiamo dall'enigmatico testo, dove un adulto (probabilmente un soldato americano in Vietnam tenuto conto del periodo storico in cui fu scritta la canzone) rivolge un monito ad un innocente bambino, mettendolo in guardia sulla linea di demarcazione tra il bene e il male. Il brano è un vero e proprio "grido di dolore" contro tutte le guerre, evidenziato dai celeberrimi vocalizzi di Ian Gillan, che usa la sua potente voce come uno strumento musicale, senza mai perderne il controllo. La straordinaria "suite musicale" inizia con una lieve linea di basso accompagnata dai piatti della batteria appena sfiorati e dal dolce suono dell'organo elettrico. La voce si adegua a questa inusuale dolcezza iniziale, poi progressivamente aumenta la sua potenza seguendo il crescendo musicale fino a diventare un acutissimo grido di dolore, quasi a spaventare il bambino del testo. Una volta che la canzone è esplosa nella prima parte rock, entra la sublime chitarra solista di Richard Blackmore che ci regala un indimenticabile assolo tra i più belli della storia della musica, rafforzato nella sua seconda parte - stavolta hard rock - anche dal caratteristico suono dell'organo di Lord che duetta con la chitarra. Sul punto più alto della canzone, all'improvviso si ferma la musica! Si ritorna così al dolce tema iniziale, dove la voce ripete le parole precedenti ed inizia il secondo crescendo. Ci si attenderebbe un finale duro e ruvido ma c'è ancora un improvviso cambio di ritmo dato da un lungo accordo accompagnato dall'organo elettrico, fino al vorticoso finale dove tutti gli strumenti (voce compresa) si aggregano in un grandioso "effetto orchestrale", che ricorda vagamente il famoso finale capolavoro di “A Day in the Life” dei Beatles. Un'ultima curiosità sul brano: durante il periodo della guerra fredda, "Child in Time" venne scelto come inno alla libertà dai gruppi anticomunisti dei paesi dell'Est contro il regime sovietico.
“Dolce bambino, col tempo tu vedrai la linea, la linea di demarcazione tra il bene e il male
Vedi l’uomo cieco che sta sparando al mondo, proiettili vaganti che esigono un tributo”
Purtroppo il testo è ancora oggi nel 2022 di un’attualità disarmante…
7 posto: While my guitar gently weeps – The Beatles
Oggi è la volta di uno dei brani più significativi di tutti i tempi, composto dai favolosi Beatles nel 1968 e tratto dal mitico “White Album”. Il brano contiene uno dei gli assoli più iconici della storia della musica. La leggenda narra che George Harrison, dopo aver composto il brano, chiamò l’amico Clapton con l’idea di comporre un assolo che doveva dare un suono particolare, originale, come la sensazione di far “piangere” la chitarra, una di quelle cose innovative che i Beatles tiravano spesso fuori dal cilindro in ogni loro disco. Stavolta i Fab4 scelsero di farlo con quello che era già allora ritenuto il miglior chitarrista inglese. Eric non deluse le attese e tirò fuori un assolo leggendario.
La versione scelta di questo brano è tratta dal celebre “Concert for George” del 2002, tenutosi esattamente un anno dopo la scomparsa di George Harrison, il “quiet” beatle. In questo memorabile concerto, tanti sono gli artisti di prim’ordine che suonano: dai due ex Beatles rimasti, Ringo Starr e Paul MCcartney. Celeberrimo è l’intro di piano con cui si apre il brano, che qui viene eseguito da Paul mentre nella versione originale è suonato da John. In azione ci sono anche Billy Preston alle tastiere, Jeff Lyne e Marc Mann (attore non protagonista del concerto che esegue anche alcune pregevoli parte soliste) alle chitarre, il giovane figlio di George (identico al padre) fino all’inarrivabile Eric Clapton che – nel leggendario assolo - rinnova la “magia” di far piangere dolcemente la sua chitarra!
Quando uscì nel 1968, non si era mai sentita una chitarra suonata in quel modo. Tanti anni dopo, resta sempre un “masterpiece” incastonato in un brano intramontabile che, non nascondo, è uno dei miei preferiti nella sterminata produzione di capolavori dei Beatles!
6 posto: Hotel California - The Eagles
Oggi tocca all’assolo della celebre "Hotel California" degli "Eagles", considerata da molti una delle migliori canzoni rock di sempre. Il brano ed è tratto dall'omonimo album del 1976, diventato poi il manifesto della loro musica. Una delle sue parti più belle ed originali è proprio il famoso "assolo combinato", formato da un originale sfida tra le chitarre soliste dei due grandi chitarristi che facevano parte della band in quegli anni, ossia Don Felder e Joe Walsh. Da molti critici musicali è ritenuto uno dei migliori assoli di tutti i tempi. La sua registrazione fu piuttosto faticosa: i due chitarristi l’hanno dovuto provare diverse volte in sala d’incisione, in primo luogo per trovare la necessaria coordinazione e precisione, in secondo luogo anche per far sparire i rumori di fondo che a volte si sentivano nella registrazione, dato che accanto c’erano dei vicini di studio particolarmente rumorosi: i Black Sabbath...
Il brano nacque proprio in California da un’idea ispirata ad un episodio di un telefilm cult di fantascienza “Ai confini della realtà”, dove si narra di un personaggio che entra in un hotel e non riesce più ad uscirne. Il tema curiosamente ispirò qualche anno dopo anche l’episodio “Hotel Royal” di un’altra serie di culto della fantascienza, ossia “Star Trek: The Next Generation”. La copertina dell’album è invece reale, si tratta del celebre “Beverly Hills Hotel”, meglio conosciuto come Pink Palace, frequentato da sempre dalle star del cinema americano.
La voce principale del brano è quella del batterista Don Henley che in varie interviste ha definito la canzone come "la nostra interpretazione della bella vita a Los Angeles" nonché "essenzialmente una canzone sull'oscura vulnerabilità del sogno americano, che è qualcosa che conosciamo bene".
Gli "Eagles" sono considerati il "Gruppo americano" per antonomasia perché sono stati indissolubilmente associati alla vita dell'America, proprio come i Beatles a quella dell'Inghilterra.
Nel 1998 furono introdotti nella “Rock & Roll Hall of Fame” come riconoscimento del loro grande contributo dato alla musica mondiale. Questa versione live è proprio quella eseguita dalla band in quella storica occasione.
5 posto: All Along the Watchtower - Jimi Hendrix
Oggi è la volta di un bellissimo assolo di colui che è ritenuto uno dei più grandi chitarristi di tutti i tempi, se non il più grande.
Del leggendario chitarrista americano potevo scegliere altri brani mitici come “Vodoo Child” ma amo molto “All along the Watchtower”, tratto dall’album capolavoro “Electric Ladyland” del 1968, proprio per la straordinaria bellezza – di una modernità stupefacente – che il grande artista riesce a dare all’assolo da lui creato su questo brano scritto da Bob Dylan. Jimi con la sua chitarra riporta il brano in un’altra dimensione!
Grazie a Jimi Hendrix, la chitarra elettrica è diventata lo strumento rock per definizione, l’ha messa lui “al centro” di tutta la musica moderna.
Nato nel 1942 a Seattle negli USA, James Marshall (detto “Jimi”) Hendrix è stato un chitarrista che ha mosso i primi passi nel blues, come del resto era naturale per tutta la gente di colore di cui faceva parte. Gli inizi non furono facili per chi come lui, giovanissimo, era già padrone di una tecnica straordinaria. Non faceva il “beat” che stava spopolando in America grazie alla cosiddetta “British Invasion” capeggiata dai Beatles, . Paradossalmente, Jimi dovette emigrare in Inghilterra per trovare un pubblico più interessato al suo originale blues elettrico.
Ispirandosi al leggendario trio dei “Cream”, nel 1966 Hendrix fonda a Londra il trio “Jimi Hendrix Experience”, con il bassista Noel Redding e il batterista Mitch Mitchell. Il Trio conquista l'Europa con i singoli Hey Joe e Purple haze , ed in più con la forza dei loro concerti dal vivo che contribuiscono ad alimentare l'immagine di Hendrix come personaggio geniale e sregolato, dedito all’acido lisergico come era lecito in quegli anni.
Usa la chitarra elettrica “Fender Stratocaster” che, grazie a lui, diventerà la più usata, l’adatta al suo essere mancino e la trasforma in un prolungamento del suo corpo. La suona in tutti i modi possibili: non solo con le sue velocissime mani ma con i denti, con i gomiti e gli abiti, facendola strisciare contro l'asta del microfono o contro le casse alla ricerca del feedback più esplosivo. Il suo modo di suonare lo strumento non si era mai ascoltato in precedenza.
Grazie alla sua partecipazione ai due più grandi raduni rock degli anni sessanta, avrà finalmente successo anche in America: il primo al Festival di Monterey nel 1967, dove il genio sregolato conclude il suo concerto dando fuoco alla chitarra in una sorta di rituale che infiamma la platea. Il secondo, nell’estate 1968, dove chiude il grandioso raduno di Woodstock straziando con la sua chitarra l'inno americano, con effetti simili alle esplosioni e ai bombardamenti, per criticare apertamente la guerra del Vietnam.
Jimi ha realizzato solo tre dischi durante la sua breve vita:“Are you experienced”, “Axis: bold as love” ed “Electric Ladyland” (entrambi del 1968), pochi ma gli sono bastati trovare un posto accanto ai Beatles e a Bob Dylan come uno dei personaggi più importanti per la nascita e lo sviluppo del rock negli anni Sessanta. Tre album dove nulla è uguale a quanto era stato suonato prima.
Morirà prematuramente a soli 27 anni nel settembre del 1970 a Londra, a causa di un'overdose di eroina. Genio e Sregolatezza.
4 posto: Sultans of Swing - Dire Straits
Quando scende in campo un Gigante della chitarra come Mark Knopfler, leader del gruppo inglese Dire Straits, è difficile scegliere tra i suoi tanti capolavori ma indubbiamente l’assolo di “Sultans of Swing” ha un fascino irresistibile e col tempo è diventato una pietra miliare del Rock!
La storia di questo capolavoro è alquanto curiosa. Nel 1977 Mark Knopler, oltre ad un giovane e timido musicista inglese alla ricerca del successo, era anche un critico musicale. Una sera venne invitato ad assistere ad un concerto in un pub della periferia londinese, per scrivere poi una recensione su una band sconosciuta che suonava essenzialmente del Dixieland jazz. Entrato nel locale, si accorse che questa band non interessava quasi a nessuno dei presenti, pochissimi prestavano ascolto al gruppo intento a suonare. Visto l’andazzo, la band decise di accorciare la scaletta senza che nessuno protestasse. Alla fine del deludente spettacolo, il cantante congedò i presenti con un inatteso: “Buonanotte e grazie, noi siamo i Sultani dello Swing!” Mark Knopfler rimase molto colpito da questo ironico e brillante saluto ed appena rientrato a casa scrisse i primi accordi del brano. Una volta completato, il brano restò nel cassetto. Mark nel frattempo fondava il gruppo “Dire Straits” insieme al fratello David Knopfler e altri musicisti.
Lo strano nome della sua band derivava dall'infelice situazione economica in cui versavano i componenti del gruppo agli inizi della loro carriera, al punto che un loro amico suggerì il nome "Dire Straits" ossia "Terribili Ristrettezze". Fu proprio il loro stile "pulito", così diverso dal punk e dalla disco music che in quegli anni erano di tendenza a Londra, a non farli decollare subito. La svolta avvenne quando i Dire Straits decisero finalmente d’inviare, ad una stazione radio londinese, delle cassette di alcuni loro brani solo per ottenerne un giudizio. La musica del gruppo colpì il disk jokey Charlie Gillet che inserì in programmazione, a loro insaputa, il brano che gli aveva fatto più impressione: "Sultans Of Swing". La canzone ottenne un successo insperato tra gli ascoltatori dell'emittente radiofonica, tanto da far ottenere ai Dire Straits, grazie alla mediazione dello stesso Gillet, il primo contratto discografico. Da quel momento in poi, l’ascesa del gruppo fu inarrestabile!
Due righe in più vanno dedicate al carismatico leader dei Dire Straits, il cantante nonché compositore e chitarrista Mark Knopfler, considerato uno dei più grandi chitarristi di sempre, uno dei primi a sublimare la tecnica del "finger picking" anche sulla sua celebre chitarra Fender Stratocaster, ossia suonare le corde direttamente con le dita della mano destra (lui che è persino mancino) anziché col plettro. Questo gli ha consentito di creare uno stile personalissimo, pulito e cristallino, incentrato sul proprio straordinario virtuosismo, che è facilmente riconoscibile sia dalle prime note. In più, ha sempre avuto un feeling con lo strumento davvero unico.
Un noto critico musicale, Douglas Adams, ha così descritto la sua arte musicale: "Mark Knopfler ha la straordinaria capacità di far emettere alla sua Fender Stratocaster dei suoni che paiono prodotti dagli angeli il sabato sera, quando sono esausti per il fatto di essere stati buoni tutta la settimana e sentono il bisogno di una birra forte"
Tutto questo lo troviamo in questo celebre, stupefacente e lungo assolo di Sultans of Swing, tratto dall’album “Alchemy” del 1985, uno dei più grandi dischi dal vivo di sempre!
3 posto: Mr. Crowley - Ozzy Osbourne & Randy Rhoads
Il brano “Mr. Crowley” presenta due epici assoli del chitarrista Randy Rhoads che sono incastonati come gemme preziose nella canzone: essi mi “rapirono” sin dalla prima volta che li ascoltai e da allora non li ho più dimenticati. Alla base di tutto c’è un condensato di classe e carisma, tecnica e feeling con lo strumento, arte melodica ed emozione musicale allo stato puro. Sono di una tal bellezza che potrebbero avere una loro vita a parte, anche se non fossero inseriti nel contesto della canzone.
Partiamo dal misterioso titolo del brano: “Mr. Crowley”, altri non è che Aleister Crowley, scrittore e esoterista inglese, un personaggio eclettico vissuto agli inizi del novecento che, oltre Ozzy Osbourne, suggestionò diversi artisti inglesi come David Bowie, che lo citò in un suo album del 1971 (Hunky Dory) ed i Beatles, che lo inserirono tra le figure presenti nella mitica copertina di Sgt. Peppers Lonely Heart Club Band. Jimmy Page dei Led Zeppelin addirittura comprò la villa in Scozia abitata da Mr. Crowley!
In secondo luogo, parliamo degli artisti protagonisti: il primo è il cantante John Michael Osbourne detto Ozzy, leggendario cantante inglese, istrionico e bizzarro, emerso prima come front-man dei “Black Sabbath”, uno dei gruppi seminali dell’heavy metal, poi come apprezzato solista, tanto da essere considerato il “padrino dell’heavy metal”. Il secondo è Randall William (detto “Randy”) Rhoads, chitarrista californiano dal talento innato prematuramente e tragicamente scomparso a soli 25 anni in un incidente di volo.
Il brano “Mr Crowley” inizia con una famosa introduzione barocca del tastierista Don Aire. Nel disco suonano anche il bassista Bob Daisley e il batterista Lee Kerslake. Dopo l’intro, segue un cantato intenso di Ozzy ma soprattutto emergono i due stratosferici assoli di RR (così come è chiamato dai fan). Oltre alla tecnica sopraffina, quello che colpisce è il lirismo e l’epicità musicale degli assoli, dall’inusuali sonorità neo-classiche che vanno a rivoluzionare un genere fino ad allora caratterizzato da una musicalità ruvida, nuda e cruda, che ne aveva fatto la sua ragione d’essere: non a caso “heavy metal” significa “metallo pesante”. Ozzy e soprattutto Randy innovano così il genere, portandolo ad un livello superiore. Nel video di una esibizione dal vivo, v’invito ad osservare in particolare la faccia di Ozzy a fine canzone, quando si gratta la testa e guarda tra il soddisfatto e lo sbalordito il suo chitarrista, quasi a volergli dire: “Randy, mè fatto arricrià!
Perciò, “arricriamoci” anche noi con l’ascolto di questo capolavoro assoluto!
Secondo la rivista specializzata Guitar About, l'assolo di Mr. Crowley è stato nominato come il più grande assolo di "chitarra metal" di tutti i tempi!
2 posto: Confortably Numb - Pink Floyd
L’assolo di oggi è tratto dalla splendida "Confortably Numb" dei Pink Floyd. Il brano fa parte del leggendario LP "The Wall" del 1979. La versione scelta è tratta dal mitico concerto tenuto nel 2016 nell'incantevole anfiteatro antico di Pompei, il magico luogo dove i Pink Floyd tennero un leggendario concerto 45 anni prima! E' un brano composto dai due geni creativi della band: il bassista Roger Waters scrisse il testo ed il chitarrista David Gilmour gran parte della melodia nonché il famosissimo assolo di chitarra, che in realtà è un doppio assolo.
Il brano inizia con l'entrata contemporanea del basso, della batteria e un sintetizzatore. I versi sono separati in modo che la canzone sembri un dialogo tra due personaggi interpretati dagli stessi David Gilmour e Roger Waters. La voce di quest'ultimo apre la canzone, mentre Gilmour canta i due ritornelli. Ma la parte che ha reso leggendaria la canzone sono i due assoli di chitarra, entrambi eseguiti da Gilmour. Dopo il primo ritornello, abbiamo il primo assolo che è breve e riproduce la melodia della canzone, che ha un impatto straordinario con quella sua entrata trionfale. L'ultimo assolo invece è molto più lungo, ha un suono potente ed una bellezza ammaliante, con una composizione maestosa ed epica che alla fine gradualmente si dissolve. In molte classifiche stilate dagli appassionati musicali di tutto il mondo, quest'assolo di chitarra è sempre inserito sul podio e si contende con altri da sempre il titolo di migliore assolo di chitarra di tutti i tempi!
Sul “solo” mi piace riportare il commento “tecnico” espresso tempo fa dall’amico-chitarrista Giovanni Giustiniano che è semplicemente perfetto: “Di Comfortably Numb io adoro ancora di più il primo assolo che quello finale... con quelle note iniziali che calcano la triade di RE maggiore dando il senso di una esplosione di liberazione e risoluzione.. un incipit di un carattere chitarristico che manda in estasi l'ascoltatore.. signori Mr. David Gilmour.. uno dei chitarristi più comunicativi in assoluto e che ha portato la chitarra elettrica ad essere quanto più "a fuoco" all'interno di OPERE musicali a livello di esserne parte assolutamente indispensabile e protagonista. E poi due parole sul "suono" di Gilmour, uno dei suoni più imitati, migliaia di chitarristi sognano di ottenere un suono simile al grande David ma è impossibile riuscirvi. La chitarra più famosa di Gilmour è una Fender Stratocaster nera con manico in acero e non tutti sanno che è frutto di un "assemblaggio" di parti di strumenti diversi: il manico riedizione del '57 prodotto nell' 83 e il corpo del '69”
Che dire poi dell'album "The Wall": probabilmente è la più grande opera rock mai concepita! Essenzialmente frutto della mente creativa del bassista Roger Waters, si basa sulla storia di un personaggio fittizio, una rockstar di nome Pink che, a causa di una serie di traumi psicologici, si costruisce un "muro" mentale attorno ai propri sentimenti, dietro al quale il protagonista si isola. La leggenda vuole che l'ispirazione dell'opera sia venuta a Waters a seguito di uno "sputo" (diventato poi il più famoso della storia del Rock) che nel 1977 il bassista diede ad un gruppo di fan in prima fila durante un loro concerto, poiché li disturbavano continuamente e non seguivano lo spettacolo. Fu un gesto di frustrazione (di cui si pentì subito dopo) da cui nacque però l'idea dell'erezione del celebre "muro".
I Pink Floyd fanno parte della ristretta cerchia dei "gruppi pioneristici", ossia quelli che con la loro musica hanno influenzato considerevolmente tutta la musica successiva, sia i gruppi del rock progressivo degli anni settanta, sia i musicisti dei decenni successivi. Godetevi questi nove minuti di magia musicale!
1 posto: Starway to Heaven – Led Zeppelin
Eccoci arrivati alla vetta della mia personalissima classifica dei migliori assoli di sempre. Quest’assolo leggendario è incastonato come una gemma preziosissima in un’altrettanta mitica canzone di un gruppo musicale che personalmente considero i “Sovrani” dell’Hard rock!
"Stairway to Heaven" della band britannica Led Zeppelin, tratta dal loro album “Led Zeppelin IV” del 1971, è una delle canzoni più celebri della storia della musica. Essa ha la struttura di una grandiosa “suite” composta da vari movimenti: inizia con l'introduzione di una chitarra acustica folk e flauto dolce e si trasforma gradualmente in un intermezzo di chitarra elettrica, esplodendo poi nell’hard rock della parte finale.
Magnifica è l’interpretazione vocale del cantante Robert Plant, qui al culmine della sua potenza: il suo modo di cantare influenzò tutti i gruppi hard rock successivi e riscosse l’ammirazione anche di Freddie Mercury, che lo definì “il cantante più originale” del suo tempo. Gli altri grandissimi protagonisti sono il talentuoso batterista John Bonham (detto Bonzo) nonché l’eclettico bassista e tastierista John Paul Jones, oltre al fenomenale chitarrista Jimmy Page, ritenuto da molti uno dei più grandi chitarristi di tutti i tempi.
Il brano è conosciuto soprattutto per il bellissimo e celeberrimo assolo di chitarra in esso contenuto, eseguito da Jimmy Page, che la rivista specializzata “Guitar World” ha ritenuto il migliore (in studio) mai eseguito!
La versione del brano che ho scelto qui risale al 1975 dove la band – nel pieno dello splendore della loro carriera - fa un’eccezionale performance live alla Earls Court di Londra.
E pensare che se lo stesso autore Jimmy Page si è mostrato un pò scettico sulla grandiosità dell’assolo al punto d’affermare che “non credo che quello di Stairway to Heaven sia il migliore assolo, ma è dannatamente bello, d’altronde ho sempre avuto un approccio molto istintivo in queste cose; se le persone dicono che questo è il mio miglior assolo mi fa piacere, ma io ne preferisco altri”.
Invece, per il resto del mondo, l’assolo di Page può essere definito “la grande bellezza” degli assoli. Esso ormai è entrato nell’immaginario collettivo e vive di una vita propria, è una “canzone nella canzone” al punto da rubare la scena per il suo gusto raffinato, la sua strepitosa melodia, la sua straordinaria potenza, raffinatezza, feeling ed epicità: insomma qui c’è tutto il concentrato del meglio del rock e dell’hard rock!
Infine, non posso non accennare alla più celebre chitarra che Jimmy Page ha utilizzato, la leggendaria Gibson EDS-1275, una chitarra a doppio manico che usava specialmente dal vivo per poter suonare il complesso accompagnamento ed assolo di “Starway to Heaven”, evitando così di cambiare la chitarra durante il brano. La velocità con cui passava tra i due manici ha contribuito ad alimentare la sua leggenda. Nelle versioni live, Jimmy suona la "6 corde" (parte inferiore) per l'introduzione e la prima strofa, poi passa alla "12 corde" (parte superiore) nel crescendo, in seguito torna alla "6 corde" per il lungo assolo e poi chiude di nuovo con la "12 corde" per la parte finale.
Perciò, prendiamoci 10 buoni minuti per noi stessi ascoltando questo capolavoro immortale!
Antonio Pezzullo
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