Gli scritti di Antonio Pezzullo
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Un giorno all'improvviso
Un giorno all’improvviso iniziò la “grande avventura” di un bambino di pochissimi anni che fece un sogno: la sua squadra sarebbe diventata Campione d’Italia! Eppure, quella squadra non lo era mai diventato nell’arco della sua storia!
Era la prima metà degli anni settanta: la meraviglia di quel bambino fu enorme, stringeva forte la mano del suo papà, allorché vide per la prima volta un grande campo verde dove tutto intorno migliaia di persone gridavano all’unisono: “Forza Napoli!”
Quel bambino ero io. Mio padre e il mio padrino, due amici per la pelle, da anni erano già abbonati in Curva A dello stadio San Paolo di Napoli. E da quel giorno all’improvviso, per più di un ventennio, mi aggiunsi anch’io ad occupare un posto in quella che sarebbe diventata la mia seconda casa.
Il primo calciatore straniero che ricordo d’aver visto al San Paolo era un “uomo nero” ma che stranamente non mi faceva paura: “Scusa Ameri scusa Ciotti ha segnato Bruscolotti su passaggio di Cané Forza Napoli Olé.”
La prima formazione azzurra che mi rimase nel cuore la ricordo ancora oggi (imparata “a memoria” come una poesia infantile): Carmignani, Bruscolotti, Pogliana, La Palma, Burgnich, Orlandini, Massa, Juliano, Clerici, Esposito e Braglia! Quella grande squadra era capitanata dal napoletanissimo Antonio Juliano ed allenata dal mitico “O Lione” Luis Vinicio.
Di quel lontanissimo campionato ricordo due episodi particolari. Il 13 aprile del 1975, dalla Curva A dello stadio San Paolo, assistetti ad una storica (nel punteggio) vittoria: Napoli 7 – Ternana 1. L’altro episodio (non visto sul campo) fu il big match scudetto perso a Torino con la Juventus per il famoso gol finale dell’ex Josè Altafini. Il giorno dopo sui muri di Napoli comparve la celebre scritta:“Josè Core ‘ngrato”. Altafini era stato negli anni sessanta il beniamino dei tifosi ed ancora oggi è ricordato per quel gesto che infranse il grande sogno dei tifosi napoletani.
Se non ricordo bene la data della mia prima al San Paolo, ricordo però quella della mia prima trasferta, che resterà indimenticabile. Avevo meno di 10 anni. Con i miei genitori, un sabato andammo a Roma a trovare uno zio. Il giorno dopo, papà e zio mi portarono allo stadio, nonostante mia madre non volesse perché ero troppo piccolo. Era il 7 dicembre 1975 e allo stadio Olimpico di Roma si giocava Lazio-Napoli. Il Napoli occupava le parti alte della classifica. Gigi Boccolini la sbloccò presto e quel gol decise il match e fece schizzare il Napoli in testa al campionato. Alla fine di quella partita successe qualcosa d'inimmaginabile, i trentamila napoletani presenti allo stadio cominciarono a cantare "Oj vita, Oj vita mia". Nessuno l’aveva programmato, non si è mai saputo chi iniziò a cantare per primo. Fu una di quelle improvvise trovate di un popolo magnifico e di una tifoseria inimitabile. Da quel giorno, “O surdato ‘nnammurato” divenne il nostro inno!
L’anno successivo arrivò il nuovo profeta del gol, Beppe Savoldi, detto “mister Due Miliardi”. L’accoglienza e le aspettative furono enormi così come le cocenti delusioni. Una grande speranza che, nel 1976, ci fece vincere solo la Coppa Italia, la seconda nella storia del Napoli.
Dopo gli anni ruggenti del Napoli di mister Vinicio, seguirono diversi anni di campionati molto modesti. Nonostante ciò, anche se il Napoli non riusciva più ad essere protagonista, si continuava sempre ad andare nella Curva A del San Paolo, puntualmente ogni 15 giorni, ed i miei accompagnatori erano sempre gli stessi: due fedelissimi ed innamoratissimi del Napoli, ossia papà Benito il mio padrino Attilio. Il Napoli era una passione troppo grande che non poteva essere abbandonata, soprattutto in quei momenti di difficoltà.
Finalmente agli inizi degli anni 80, con l’apertura delle frontiere, venne dal Nord Europa un indimenticato campione: Ruud Krol, che aveva fatto parte della grande nazionale olandese di Cruyff due volte vice campione del mondo, un libero di classe cristallina.
Riuscì nell’impresa di portare una “squadra operaia” ad essere tra le protagoniste assolute, nel campionato 1980/81. La formazione tipo era la seguente: Castellini, Bruscolotti, Marangon, Guidetti, Krol, Ferrario, Damiani, Vinazzani, Musella, Nicolini e Pellegrini! Quel sogno, che nel corso del campionato era sembrato possibile, fu infranto dalla sfortunata partita in casa col Perugia. Ci fu l’autorete di Ferrario nei primi minuti e l’assedio successivo del Napoli alla porta del Perugia. Niente da fare, la palla non volle entrare. Delusione ed incredulità ma soprattutto ci furono tante lacrime a fine partita. Anche da quelle amarissime sconfitte si cresceva, quel bambino ormai era diventato un giovane ragazzo adolescente.
Ma le amarezze non erano finite. Dopo i primi due anni di Krol, vennero forse gli anni più bui della nostra storia. Prima l’argentino Ramon Diaz, poi il brasiliano Dirceu, le nostre nuove speranze, non riuscirono a cambiare il corso della nostra storia, rischiammo persino di retrocedere in serie B, se non fosse stato per il coraggio ed il cuore azzurro del Petisso Bruno Pesaola che, chiamato dopo il disastroso girone d’andata, riuscì a salvarci all’ultima giornata. Evitammo la retrocessione in serie B per un soffio, arrivammo quart’ultimi dopo che alla fine del girone d’andata eravamo ultimi in classifica!
Ma un giorno all’improvviso, dopo aver toccato il fondo, il buio più tetro e profondo sarebbe stato squarciato in quel mondo da una luce splendente, che avrebbe cambiato per sempre la nostra storia dolente: Diego Armando Maradona!
L’epopea vissuta nell’era di D10S resterà indelebile, come ben sanno i tanti fratelli di fede azzurra che hanno avuto la fortuna di vivere quei momenti, i migliori anni della nostra vita calcistica. Sette anni entrati prepotentemente nella storia del calcio italiano e mondiale e nessuno mai ce li potrà togliere!
Finalmente, un giorno all’improvviso, il 10 maggio del 1987, il sogno di quel bambino divenne realtà: il Napoli era diventato Campione d’Italia per la prima volta nella sua storia e nel frattempo quel bambino ormai era ormai diventato adulto!
La formazione che entrò nella storia del calcio era la seguente: Garella, Bruscolotti, Volpecina, Bagni, Ferrario, Renica, Romano, De Napoli, Giordano, Maradona, Carnevale. Nella stessa annata, la squadra vinse anche la Coppa Italia.
L’anno dopo, nel 1988, ci fu il clamore del bis scudetto mancato ma la squadra si riprese l’anno successivo, nel 1989, vincendo il primo grande trofeo europeo della sua storia: la Coppa UEFA, che allora era una competizione prestigiosa quanto la Coppa dei Campioni.
La formazione dei campioni d’Europa era: Giuliani, Corradini, Francini, Crippa, Ferrara, Renica, De Napoli, Alemao, Careca, Maradona, Carnevale.
Nel Campionato 1989-90, un giorno all’improvviso, lo Scudetto ritornò a Napoli! Dopo una battaglia testa a testa con il Milan di Sacchi, il Napoli riuscì nell’impresa di riportare il tricolore al sud per la seconda volta nella storia del calcio italiano.
La formazione di quegli eroi era la seguente: Giuliani, Corradini, Francini, Crippa, Ferrara, Baroni, De Napoli, Alemao, Careca, Maradona, Carnevale.
Dopo aver vinto anche la Super Coppa italiana, un giorno all’improvviso Diego ci lasciò e partì. Nelle sue valigie però portava con sé anche tutto l’affetto e la gratitudine di un intero popolo, che non lo avrebbe mai dimenticato.
Il grande e triste addio di Maradona fu per me un shock enorme! Dopo oltre 20 anni trascorsi regolarmente al San Paolo e dopo aver visto il “non plus ultra” dello spettacolo calcistico, anche per una serie di altri fattori come il lento passaggio all’età adulta, gli studi, altri interessi, l’anno successivo non rinnovai più l’abbonamento nella “mia” Curva A.
Poi le circostanze della vita mi hanno portato a lasciare la mia regione ma è rimasto “per sempre” e profondamente dentro di me l’immenso affetto per quel pubblico, per quella curva da dove ho avuto il privilegio e l’onore di vedere all’opera il più grande calciatore di tutti i tempi, e soprattutto per quella maglia meravigliosamente “azzurra” come il cielo di Napoli!
Oggi, 35 anni dopo, il ricordo di tutto ciò resta e resterà per sempre indelebile.
Antonio Pezzullo, 10 maggio 2022
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