Gli scritti di Antonio Pezzullo
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SE BASTASSE UNA CANZONE
dedicato al sofferente popolo ucraino.
di Antonio Pezzullo
“Se bastasse una grande canzone per parlare di pace, si potrebbe chiamarla per nome aggiungendo una voce, e un'altra poi e un'altra poi, finché diventa di un solo colore più vivo che mai”
Potrebbe mai una canzone contribuire a portare un po’ di pace?
L’Eros nazionale sopra citato ovviamente non è stato l’unico ma solo uno dei tanti artisti che ci hanno provato. La musica leggera (che spesso e volentieri tanto leggera non è) è da sempre uno strumento di denuncia sociale e diverse canzoni sin dalla loro uscita si sono trasformate in un inno pacifista per intere generazioni.
Tutto è cominciato negli anni sessanta del secolo scorso. I cosiddetti “figli dei fiori”, con il loro slogan-manifesto “Peace&Love”, hanno influenzato tutte le generazioni successive. Agli occhi dell’uomo contemporaneo, più cinico e smaliziato, questo slogan potrebbe sembrare molto ingenuo: molte guerre sono considerate come qualcosa di “inevitabile”.
Forse, anche grazie ad una canzone o alla sua riscoperta, potremmo recuperare un po’ della nostra innocenza perduta, da quella autentica e naturale dei bambini fino a quella dei cosiddetti sognatori. Mi piace pensare che potrebbe dare altresì maggiore ispirazione e vigore alla nostra indignazione, ancora un po' sonnolenta, ma che si sta risvegliando nelle nostre coscienze di fronte all’ingiusta ed attualissima guerra ucraina. Senza però dimenticare tutte le altre guerre (meno visibili) in corso nel mondo.
Ecco dunque un mio personalissimo “giro” nel mondo della canzone antimilitarista. Mi perdonino i lettori se non troveranno la loro canzone preferita ma la materia è così vasta che ci vorrebbe un’enciclopedia e non un breve scritto come questo, che vuole essere solo una breve riflessione in musica sul sano pacifismo di tempi che sembravano lontani ma ancora oggi restano attualissimi.
Blowin’ in the Wind (Bob Dylan)
Celebre canzone scritta dal menestrello del rock nonché premio Nobel della letteratura, uscì nel 1962 e pubblicata l’anno successivo nell’album “The Freewheelin’ Bob Dylan”. La canzone è il manifesto di una generazione, quella dei giovani americani disillusi dalla politica del loro paese nel dopoguerra. Una politica che sfociò prima nella guerra fredda contro il blocco sovietico e poi nella dolorosa guerra del Vietnam, una delle ferite più sanguinose della storia americana. Celeberrima è la frase: “Quante strade deve percorrere un uomo prima di essere chiamato uomo?” Nel ritornello non manca un richiamo alla speranza rivolto metaforicamente a tutta l’umanità: la risposta è lì, soffiata nel vento, come a dire che la soluzione è a portata di mano...solo se l’umanità volesse...
Give peace a chance - Imagine (John Lennon)
Quando parliamo di John Lennon, andiamo su uno dei simboli del pacifismo musicale a cavallo tra gli anni 60 e 70. Già ai tempi dei favolosi Beatles, nel 1967 aveva composto un primo inno alla pace e all’amore, in piena stagione del “Peace&Love”, come “All you need is love”. Successivamente nel 1969, durante la celebra protesta pacifista organizzata con Yoko Ono contro la guerra nel Vietnam, compose “Give peace a chance”. Durante la loro luna di miele, invece di un sit-in, gli sposi decisero di organizzare un bed-in, rimanendo a letto per 2 settimane, invitando giornalisti e artisti prima nella loro camera d’albergo ad Amsterdam e poi a Montreal. La semplice e unica frase della canzone, diventata poi uno slogan pacifista di portata mondiale, uscì spontaneamente a John quando rispose ad un giornalista che gli chiedeva che cosa pensassero di ottenere standosene a letto. Il geniale artista rispose: “All we are saying is give peace a chance”, ossia Tutto quello che stiamo dicendo è date una possibilità alla pace.
L’altra celeberrima canzone, forse la più famosa della storia della musica, è “Imagine”, tratta dall’omonimo album del 1971. Il brano viene solitamente letto in chiave pacifista, anche se i contenuti del testo parlano di una società utopistica dove non ci sono guerre, rivalità, religioni, nazioni e divisioni di sorta, dove la gente semplicemente vive insieme in pace.
War Pigs (Black Sabbath)
Non poteva mancare questo brano di uno dei gruppi seminali dell’hard rock. Inserita nell’album “Paranoid” del 1970, la canzone condanna con veemenza tutte le guerre, da sempre combattute dai poveri ma causate dai ricchi e dai potenti (definiti war pigs – porci della guerra) solo per salvaguardare i loro interessi. Più esplicito di così non si può…
Child in Time (Deep Purple)
E' un'opera ormai leggendaria dei Deep Purple, uno dei più grandi gruppi rock di sempre. Scritta nel 1970 e tratta dal leggendario album “Deep Purple in Rock”, più che una canzone è considerata una breve "opera rock" dalla durata di oltre 10 minuti, con una complessa struttura musicale. Il testo narra di un adulto (probabilmente un soldato americano in Vietnam) che rivolge un monito ad un innocente bambino, mettendolo in guardia sulla linea di demarcazione tra il bene e il male: “vedi l’uomo cieco che sta sparando al mondo, proiettili che volano, facendo molte vittime”. Il brano è un vero e proprio “grido di dolore” contro tutte le guerre, evidenziato dai celeberrimi vocalizzi di Ian Gillan, che usa la sua potente voce come uno strumento musicale, senza mai perderne il controllo. Inoltre, durante il periodo della guerra fredda, questo brano fu scelto anche come “inno alla libertà” da parte dei gruppi anticomunisti dei paesi dell'Est contro il regime sovietico. Resta un capolavoro più che mai attualissimo.
Sunday Bloody Sunday - Miss Sarajevo (U2)
Scritta dal leader degli U2 Bono ed inserita nell’album “War” del 1983, la canzone “Sunday bloody Sunday” parla della domenica di sangue che si verificò il 30 gennaio 1972 nella città nord irlandese di Derry. Quel giorno l’esercito della Corona britannica sparò sui partecipanti ad una manifestazione di pacifici nord irlandesi, uccidendo 14 persone disarmate e ferendone molte altre. Bono all’epoca dei fatti era solo un bambino di 11 anni ma rimase profondamente colpito dalla cieca violenza di quella giornata.
“Miss Sarajevo” invece è un brano singolo estratto dall’album del 1995 “Original Soundtracks 1” degli U2 e Brian Eno. Al brano partecipa anche il nostro Luciano Pavarotti. E’ una protesta contro il conflitto armato scatenatosi in Bosnia Erzegovina, in cui si condanna l’atteggiamento della comunità internazionale totalmente incapace di fermare la guerra e di fornire un aiuto concreto alle vittime. “Non so più pregare e nell’amore non so più sperare” è la frase più celebre ed amara.
Russians (Sting)
La sontuosa canzone dall'intensa melodia orchestrale è tratta dall'album "The Dream of the blue turtles" del 1985. A quel tempo c'era ancora la "guerra fredda" tra i due blocchi politici mondiali, basati sul cosiddetto equilibrio del terrore, ossia dallo scheramento di missili nucleari strategici presenti nei due blocchi contrapposti. Non schierandosi con nessuno, Sting si chiede come si possa vivere in quel modo pur sapendo che "non esistono guerre che possono essere vinte ... è una bugia a cui non crediamo più". Chiedendosi retoricamente se anche i russi amino i loro bambini, l'artista è convito che l'amore sia l'unica cosa che salverà il mondo.
Brothers in Arms (Dire Straits)
Stupendo brano dei Dire Straits, è tratto dall'album omonimo "Brothers in Arms" del 1985. Il testo è ispirato alla guerra delle Folkland, le isole coloniali britanniche al largo dell’Argentina da sempre rivendicate dal paese sudamericano. Pochi anni prima, il potente esercito britannico aveva facilmente sconfitto, grazie alla sua enorme superiorità tecnologica e facendo tante vittime, un povero esercito argentino mandato allo sbaraglio su quelle lande desolate dalla dittatura politica del loro paese. La magnifica band inglese nel testo condanna fermamente questa guerra: “siamo degli idioti a fare la guerra coi nostri fratelli in armi”. Qui oltre al testo di denuncia, c’è la meravigliosa chitarra solista di Mark Knopfler che magistralmente la suona con un effetto tale da sembrare che pianga per quelle vittime.
Civil War (Guns N’ Roses)
Tratta dall’album “Use your illusion II” del 1991, il brano del celebre gruppo rock americano si scaglia contro la guerra che “serve solo a nutrire i ricchi e a far morire di fame i poveri”. Nel testo ci sono molti riferimenti di vario tipo, come il pacifista Martin Luther King, l’assassinio di J.F. Kennedy e naturalmente la guerra del Vietnam. Nel testo troviamo la famosa frase retorica che dice tutto: “Ma poi che cosa c’è di civile in una guerra?”
Anche gli autori italiani non sono rimasti indifferenti a queste tematiche. Oltre al citato Eros Ramazzotti, ne vediamo solo alcuni per brevità.
‘O Surdato ‘nnammurato (Massimo Ranieri e Anna Magnani)
Pochi sanno che questa celebre canzone napoletana, dal ritornello molto allegro, in realtà può essere considerata una delle prime (se non la prima) canzoni contro la guerra. Il brano fu composto nel lontano 1915, proprio nell’anno in cui l’Italia entrò in guerra nel primo conflitto mondiale e descrive la tristezza di un giovane soldato che combatte al fronte e soffre per la lontananza della donna che ama. Nel film “La Sciantosa”, c’è una bellissima scena dove la protagonista, una cantante sul viale del tramonto interpretata da Anna Magnani, è ingaggiata al fronte per sollevare il morale dei soldati italiani nella grande guerra. Al momento d’iniziare lo spettacolo, davanti al suo pubblico di giovani soldati feriti e mutilati, si commuove al punto che, rifiutandosi di cantare l’inno militare, intona ‘O surdato ‘nnamurato in una versione triste e malinconica, suggellando così una delle scene più memorabili della storia del cinema italiano.
C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stone (Gianni Morandi)
Uscita nel 1966, la canzone fu portata al successo da Gianni Morandi. Il testo parla inizialmente della gioia di vivere di un ragazzo americano appassionato di musica ma l’improvvisa chiamata alle armi lo costringe a combattere e a morire in una guerra insensata, in un paese lontano come il Vietnam, troncando così il sogno di tanti ragazzi di quella generazione. E’ diventata una canzone antimilitarista per antonomasia, all’epoca fu persino censurata musicalmente dalla Rai perché criticava la politica di uno “stato amico” ma il suo successo popolare fu inarrestabile.
La Guerra di Piero (Fabrizio De André)
E’ l’indiscusso capolavoro del poeta Fabrizio De André. Il testo è ormai stabilmente inserito in diverse antologie della letteratura italiana. Ha una potenza letteraria straordinaria contro l’insensatezza e le atrocità della guerra. E’ rimasta nell’immaginario collettivo la descrizione della grande umanità di Piero che, per coscienza e pietà, di fronte al giovane nemico non riesce ad ucciderlo. L’altro invece, impaurito, lo uccide per sopravvivere. Il contrasto delle emozioni e degli scenari è continuo: “E mentre il grano ti stava a sentire, dentro alle mani stringevi il fucile, dentro alla bocca stringevi parole, troppo gelate per sciogliersi al sole”. Una grandezza compositiva che non ha nulla da invidiare a grandi autori internazionali come Dylan e Lennon.
Generale (Francesco De Gregori)
Restando sul piano della pura poesia, il brano “Generale” è una dolcissima ballata tratto dall’album “De Gregori” del 1978. In questo gioiello compositivo, il “principe” dei cantautori italiani crea una serie di immagini meravigliose, che partono da “dietro la collina” di Tarces (teatro di antiche battaglie, dove da giovane fece il servizio militare) fino alla “contadina curva sul tramonto” che ricorda gli enormi sacrifici delle donne che crescono i figli senza i mariti destinati al fronte. L’immagine del nemico “vinto, battuto” lascia però ben poca gloria ed anche le “cinque stelle” del generale non hanno alcun senso di fronte alle lacrime e agli orrori della guerra.
Anna Verrà (Pino Daniele)
Delicatissima ballata del grande cantautore partenopeo, la canzone è tratta dall’album “Mascalzone Latino” del 1989 ed è ispirata alla figura di Anna Magnani, protagonista di due film come “La sciantosa” e “Roma città aperta” che testimoniavano le atrocità rispettivamente della prima e della seconda guerra mondiale. Pino nel testo immagina un dialogo con la grande attrice: “dimmi quando questa guerra finirà, noi che abbiamo un mondo da cambiare, noi che ci emozioniamo ancora davanti al mare”. Il suo ritorno è metaforicamente visto come la fine di tutte le guerre e il ritorno della pace, nella speranza di un mondo migliore.
W la Guerra - Uffa! Uffà! - L’isola che non c’è (Edoardo Bennato)
Probabilmente il cantante italiano che ha scritto più brani antimilitaristi è Edoardo Bennato, considerato da molti il più grande rocker italiano.
“W la Guerra” fu composta nel 1976 ed è tratta dall’album “La Torre di Babele”, un concept album contro la guerra ed ogni forma di violenza. La celeberrima copertina dell’album è emblematica: presenta una moderna Torre di Babele, formata dalla rappresentazione dell'evoluzione tecnologica delle armi umane, dalla clava fino ai missili nucleari! Già dal titolo dissacrante, s’intuisce che la canzone è una potente condanna di tutte le guerre, senza se e senza ma, qualunque ne sia la causa: economica, territoriale o distortamente religiosa. “Hai lasciato la tua donna e la tua terra ma è per il suo bene, è per la sua gloria che tu ammazzerai. Il crudele Saladino è bene armato e forte ma tu non lo temi, tu non hai paura e hai anche Dio dalla tua parte. Viva, viva la, viva la guerra Santa, santa la, santa la guerra!”
Un altro brano durissimo contro la guerra è la canzone Uffà! Uffà! che dà anche il titolo all’omonimo album del 1980. Musicalmente è un puro punk-rock che ha un testo di grande potenza evocativa in quanto contiene una feroce critica alle tensioni "petrolifere" che sono alla base di molte guerre moderne: “Uffà! Uffà! Questa guerra non mi piace non la voglio fare! Che m’importa del petrolio, sarò vile o un anormale ma questa volte alle crociate non ci voglio andare!” Dopo aver esortato il mondo a cercare energie alternative “perché non provate a sfruttare l'energia dal sole...o dal mare?”, la canzone finisce con un leggendario vero “sputo” che l’irriverente cantautore indirizza a tutti coloro che potrebbero scatenare la terza guerra mondiale!
Infine, non si può non citare la celeberrima “L’isola che non c’è”, una delle più belle canzoni italiane di sempre, tratta dal concept album “Sono Solo Canzonette” del 1980, interamente ispirato alla favola di Peter Pan. Memorabili alcuni passaggi: “ma che razza di isola è? Niente odio e violenza, né soldati né armi, Forse è proprio l’isola che non c’è, che non c’è”. Meraviglioso il messaggio di speranza finale: “E ti prendono in giro se continui a cercarla ma non darti per vinto perché chi ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle forse è ancora più pazzo di te”.
Oggi più che mai, W la PACE!
Antonio Pezzullo
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