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Massimo Di Quirico

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Gli scritti di Antonio Pezzullo









Renato Zero – Autoritratto del concerto-evento di Livorno



In occasione del suo 74mo compleanno, a fine settembre Renato Zero ha iniziato un tour per i palazzetti d’Italia che lo ha portato, mercoledì 9 ottobre 2024, nella ridente città di Livorno, precisamente al Modigliani Forum, dove il “grande sorcino” della musica italiana ha tenuto un magnifico concerto, che ha fatto registrare il tutto esaurito!

L’evento è stato preceduto da una sua intervista giornalistica dove l’artista, nel ritornare nella città labronica, ha ricordato la finalità di questi concerti-evento:
«Impossibile dimenticare i sorrisi, l’energia, l’accoglienza sempre fragrante e schietta del pubblico di Livorno. Dire che ogni volta è la prima volta può sembrare retorico, un luogo comune, ma la verità è che affacciarmi sulla scena è sempre come un nuovo battesimo: il giorno che io non provassi più queste emozioni, non avessi più questo fremito, probabilmente sarebbe il momento giusto per prendersi una lunga pausa. Per questi concerti-evento ho optato per l’essenziale, non perché voglia offrire meno al pubblico, ma perché ragionevolmente la sintesi fa parte del processo di maturazione di un uomo e di un artista, e credo sia arrivato il momento – anche i tempi lo suggeriscono – di dare un’occhiata alle cose importanti e profonde, a messaggi che siano veramente incisivi».

Personalmente non avevo mai visto Renato Zero dal vivo, era una mia pecca a cui ho finalmente rimediato dato che non ne avevo mai avuto l’occasione. Pur non ritenendomi un vero e proprio “sorcino”, sin da bambino però rimasi incuriosito dal suo “strano” personaggio, anticonformista e trasgressivo. Iniziai a conoscerlo grazie al clamoroso successo di “Mi Vendo”, una delle prime canzoni disco-dance italiane che aveva scombussolato l’ordinaria quiete della musica italiana di allora.
La tappa di Livorno è stata un’eccellente occasione per ascoltare dal vivo le canzoni che hanno costruito la storia del grande cantautore. La sua lunga carriera la possiamo idealmente suddividere in due parti ben distinte: la prima va dagli inizi fino agli anni 80, la seconda dagli anni 90 ad oggi.

Sul palco era accompagnato da una super band composta da 7 musicisti e da un coro di giovani a ben 8 voci (i Wacciuwari).
Lo spettacolo, da lui stesso ideato, scritto e diretto, era accompagnato da una sontuosa scenografia e da meravigliosi effetti luce che hanno avuto un forte impatto sulla messa in scena e sul coinvolgimento del pubblico presente in sala.

A proposito di pubblico, è noto che i fan di Zero sono chiamati sorcini. Non tutti sanno però che il termine fu coniato per la prima volta dallo stesso Renato Zero proprio in Toscana. Inizialmente, i fan del cantante si chiamavano zerofolli, come omaggio al nome d’arte del loro beniamino (all’anagrafe Renato Fiacchini), che lui stesse scelse giovanissimo quando – agli inizi - non veniva apprezzato da nessuno e molti gli dicevano che “valeva zero”. A partire dai primi anni Ottanta la definizione dei suoi fan cambiò. L’occasione si presentò a Marina di Pietrasanta (LU) quando chiese a un amico di fare un giro in motorino e in poco tempo si trovò al seguito tantissimi ragazzi coi loro motorini, un po’ come nella fiaba del Pifferaio magico. La leggenda narra che alle forze dell’ordine intervenute, Renato abbia detto: “lasciateli stare, sono carini, sembrano tanti sorcini“.

Nel palazzetto ero sistemato in platea insieme a mio fratello Pasquale. Da molto tempo non si andava a vedere un concerto insieme: da giovani eravamo dei recordman delle transenne, riuscivamo a raggiungere sempre la prima fila, ma erano altri tempi! Prima dell’inizio, ho avuto anche il piacere d’incontrare e salutare l’amico livornese, nonché maestro delle tastiere, Alex Bimbi, componente fondamentale dei “Pianeta Zero”, una delle migliori tribute band del grande artista!

Il concerto è iniziato puntualissimo alle ore 21:00, preceduto da brevi annunci agli spettatori: niente è stato lasciato al caso! Renato ha fatto la sua apparizione sul palco accolto da un’ovazione del suo affezionato pubblico: a questo proposito, ho notato con una certa curiosità che sebbene la maggioranza del pubblico fossero spettatori in età matura, come naturale che fosse, c’era anche una buona presenza di giovani, un buon segnale.

La scaletta del concerto è stata caratterizzata da un sapiente mix di classici del Renato prima maniera (forse il più genuino, quello che mi piace di più) e di brani del secondo periodo, tra cui diversi contenuti nei suoi ultimi dischi, forse meno noti al grande pubblico ma non meno interessanti. Basti pensare che il suo ultimo lavoro pubblicato “Autoritratto”, uscito lo scorso dicembre, è stato già certificato Disco d’oro.
Sul palco, Renato ha portato le sue visioni uniche e la sua straordinaria abilità di raccontare e raccontarsi attraverso la propria arte.

La prima parte del concerto si è aperta con il brano Vivo, un suo grande classico. La scelta non mi è parsa casuale, dato che esso è tratto dall’album Zerofobia, il disco capolavoro del 1977 che, trainato da brani come il già citato Mi Vendo, Morire Qui, Manichini, Il Cielo, Vivo, ecc., fu anche il suo primo enorme successo che lo fece conoscere al grande pubblico. Del resto, oggi la grandezza di questo lavoro è ormai pacifica: è stato inserito nel ristretto gruppo dei migliori dischi italiani di sempre, in un’ideale classifica redatta dalla rivista specializzata Rolling Stone Italia.

Il secondo brano eseguito è stato Il Jolly, un altro grande classico, molto amato dal pubblico, tratto dallo splendido album Artide Antartide del 1981, che fu anche il disco della sua prima evoluzione artistica, dato che il suo sound iniziò ad evolversi rispetto ai precedenti dischi anche grazie alla partecipazione degli Osanna, la rock progressive band di Elio D’Anna che era stato uno dei componenti dei mitici “Showman”, il gruppo pioniere del Neapolitan Power, ossia il grande movimento musicale nato agli inizi degli anni Settanta all’ombra del Vesuvio che avrebbe influenzato per decenni le generazioni di artisti successivi.

Subito dopo, ha intonato un bel brano del suo secondo periodo artistico: Ancora Qui, tratto dall’album Presente del 2009.

Da questo momento in poi, Renato ci ha trasportato in una specie di macchina del tempo, con un alternarsi di brani nuovi e antichi, legando mirabilmente lo spettacolo (arricchito da magnifiche scenografie e luci straordinarie) con il suo personale racconto artistico. Del resto, le doti dell’artista, che è un vero e proprio catalizzatore di energie ed emozioni, sono ormai note a tutti: così tra lo scorrere delle canzoni si è passati agevolmente da classici come Manichini fino alla bellissima Nei Giardini che Nessuno Sa (dall’album L’Imperfetto del 1994)

Uno dei momenti clou è arrivato quando sono partite le prime note di Amico (tratto dall’album Tregua del 1980), con l’enorme maxischermo centrale che riportava il testo della canzone. Tutto il palazzetto è immediatamente balzato in piedi a cantare a squarciagola uno dei suoi brani più celebri, tra i più belli e significativi della storia della musica italiana. Renato ha colto così l’occasione al volo per scendere in mezzo alla platea e girare tra il pubblico, come un maestro che dirigeva il canto collettivo, dato che il pubblico non gli aveva dato nemmeno il tempo di cantare la prima strofa: è stata l’unica canzone del concerto che non ha avuto bisogno della sua voce! Ad un certo punto, ho avuto la fortuna di trovarmelo davanti praticamente ad un metro di distanza, nel momento in cui il testo recitava “Amico, era ieri, le vele le hai spiegate ormai!”. L’abbiamo cantata praticamente insieme e vicini per pochi secondi, è stata un’emozione davvero incredibile!

Dopo lo sgancio di questa bomba emozionale, il pubblico si è ripreso con il successivo brano Voyeur che, tratto dall’omonimo album del 1989, personalmente considero l’ultimo successo della sua prima parte di carriera, che dalla seconda metà degli anni ottanta aveva visto calare la sua popolarità. Convenzionalmente, la seconda parte la faccio partire dal Festival di Sanremo del 1991 dove l’artista partecipò con Spalle al Muro, brano scritto appositamente per lui da Mariella Nava. Per la profondità dei testi, per la sua memorabile interpretazione sul palco dell’Ariston, pur classificandosi al 2° posto, il brano rilanciò alla grande la sua carriera anche se per la verità i “sorcini” non l’avevano mai dimenticato.

Ritornando al concerto, la prima parte dello spettacolo è terminato con la celebre Figaro, una lunga ed affascinante canzone tratta da “Amore Dopo Amore” che, pubblicato nel 1998, è forse il miglior album del Renato seconda maniera, dato che contiene, oltra a Figaro, diversi capolavori della maturità come Cercami, Dimmi chi Dorme Accanto a Me, L’Impossibile Vivere, La Pace sia con Te, La Grande Assente (quest’ultimo dedicato alla scomparsa della sua cara amica Mia Martini).

La seconda parte dello spettacolo è ripresa dopo 15 minuti di pausa, piazzando subito uno dei suoi brani più celebri della maturità: Cercami. E’ quasi superfluo sottolineare che il brano è stato cantato a squarciagola da tutto il palazzetto.

Nella successione dei brani c’è stato naturalmente spazio anche a canzoni impegnate come Bella Gioventù dedicata alle nuove generazioni o Via dei Martini, purtroppo sempre attualissima per i conflitti presenti nel mondo che fanno tante vittime innocenti. Molto apprezzata dai fan è stata anche l’esecuzione di Dimmi chi Dorme accanto a Me, un’introspettiva sui complessi rapporti di coppia.

Un momento che mi è particolarmente piaciuto è stato quando Renato ha chiamato sul palco un ospite, un suo amico maestro di pianoforte. Così, in un limpido duetto di solo pianoforte e voce, ha cantato la delicata Il Coraggio delle Idee, incantando il pubblico presente. A 74 anni suonati, la sua voce, anche se non ha più quell’impeto giovanile, ha conservato quella grande forza interpretativa che non l’ha mai abbandonato.

Durante lo spettacolo, ha presentato uno per uno i suoi musicisti, iniziando dal più anziano, ossia da quel Rosario Jermano che è uno dei più grandi percussionisti italiani e che ha suonato con tanti grandi artisti come Bennato e Pino Daniele. Non appena Renato ha pronunciato il nome di quest’ultimo, è partito un grande applauso spontaneo da parte del pubblico livornese ed io, da fan della prima ora del grande cantautore napoletano, non potevo non essere doppiamente felice. Dopo avere presentato anche i ragazzi del coro, Renato ha dato loro spazio per cantare alcuni dei suoi storici cavalli di battaglia, attraverso un midley riveduto e corretto su ritmi dance, dove idealmente l’artista vestiva i panni del disk-jokey. La sequenza è stata: Madame - Mi Vendo - Triangolo - Baratto e conseguentemente il palazzetto si è trasformato in una maxi discoteca!

La seconda parte si è conclusa con un altro momento emozionante: sulle note di Zero il Folle, uno dei suoi brani più recenti tratto dall’omonimo album del 2019, gli spettatori hanno assistito ad un vero e proprio mini film dove, sull’enorme maxischermo centrale, si alternavano le immagini del Renato maturo che si rivolgeva al Renato giovane, facendo una specie di bilancio della sua vita artistica. Molto significativo è stato il passaggio: “non mi sono mai venduto, non ho mai tradito i grandi esempi tuoi”.

La conclusione vera e propria del concerto è avvenuta con il doppio bis finale, composto da due brani: mentre nella prima parte della sua carriera Renato chiudeva i suoi concerti con “Il Cielo” (da sempre considerato il manifesto della filosofia zeriana), nella seconda parte invece ha spesso utilizzato il brano “I Migliori Anni della Nostra Vita”, che uscito nel 1995 dall’album “Sulle Tracce dell’Imperfetto” è divenuto col tempo un grande classico della canzone italiana.

Alla fine c’è stata la classica e meritata standing ovation con una richiesta del pubblico presente: "Torna presto da noi".

In uno degli spettacoli musicali italiani più belli che ho assistito negli ultimi anni, Renato Zero ha indubbiamente trasferito le sue vibrazioni al pubblico che lo ha seguito come in una specie di rito pagano. Dopo oltre tre ore di musica e parole, il pubblico ha ricevuto il giusto compimento del suo “Autoritratto” musicale.

Grazie Renato, sei sempre il Re, non solo dei tuoi affezionati “sorcini” ma anche del Pop italiano!

Ah … e non ti preoccupare Eh … Non ti dimentichiamo!

Antonio Pezzullo