Gli scritti di Antonio Pezzullo
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TOP 10 DISCHI LIVE
N. 4 SCIÒ Live – Pino Daniele
(Il “Neapolitan Power” alla massima potenza)
Questa “pillola musicale” è dedicata a tutti coloro che hanno sempre amato il “Lazzaro Felice”: prima, durante e dopo.
In una personale classifica dei miei 10 dischi live più belli di sempre, questo SCIO’ rientra sicuramente nella Top 5! Idealmente lo colloco al 4° posto assoluto, ai piedi del podio tra tutti i live presi in considerazione, ma al primo posto tra i dischi live italiani, senza ombra di dubbio.
Partiamo dall’iconica copertina del disco, dominata da Pino che “fa le corna” come in una specie di rito scaramantico, seguendo un’antichissima tradizione partenopea. È il manifesto programmatico del disco, che viene precisato con la celebre frase che si trova all’interno della copertina: “E po' se faccio 'e corna, nun è pe cattiveria, è che ce l'aggio a morte cu chi sfrutta 'a miseria”. Se da un lato esprime il suo lato scaramantico, posseduto dalla maggior parte dei suoi concittadini, dall’altro manifesta la sua indole ribelle e rivoluzionaria, mai doma, di scagliarsi contro ogni forma di prepotenza, soprattutto quella che sfrutta la miseria altrui per arricchirsi indebitamente.
Curiosa è anche l'assonanza fonetica del titolo del disco tra il napoletano “Sciò” (parola usata per scacciare qualcosa) e l'inglese “Show” (inteso come spettacolo).
La prima caratteristica di questo meraviglioso disco è che non contiene canzoni di un unico concerto ma registrazioni dal vivo tratte da diversi concerti tenuti tra il 1982 e il 1984, sia in Italia (come a Napoli, Bari, Verona e Milano) sia all’estero (come a Cannes, Nancy, Nyon e Montreux dove fu invitato al prestigioso jazz festival).
Dopo i primi sei dischi (Terra mia, Pino Daniele, Nero a Metà, Vai Mò, Bella ‘mbriana e Musicante), Pino finalmente si decise a pubblicare un disco live, anche se con una certa riluttanza personale, nonostante le crescenti richieste del pubblico e le pressioni dei suoi discografici. Come sottolineò lo stesso Pino in una intervista: “Sciò è stato il mio primo disco live, un doppio album ricco di ricordi e di incontri musicali d’eccezione, io non volevo che quest’album uscisse perché non ero soddisfatto delle registrazioni …ma io non sono mai soddisfatto delle registrazioni!”
Invece, sin dalla prima nota, ascoltando la spettacolare batteria di Marangolo che ci introduce nello strabiliante inizio di "Chillo è nu buono guaglione", l'ascoltatore ci mette poco a capire che ci si trova di fronte ad un capolavoro assoluto. Nemmeno il passare del tempo ha sminuito il valore del disco, al contrario è diventato un omaggio a quegli strepitosi anni in cui l’autore, con quel mix di slang americano, dialetto napoletano, ritmi mediterranei e fantastiche melodie, si accostava ai più grandi artisti mondiali!
Un’altra caratteristica del disco è che nasce in un momento magico, nel periodo aureo della sua carriera, quando il cosiddetto “Neapolitan Power” (il grande fermento musicale nato all’ombra del Vesuvio che farà scuola in tutta Italia) è alla sua massima potenza espressiva, grazie alla massiccia presenza di talentuosi musicisti di “scuola partenopea”, come i batteristi Tullio De Piscopo e Agostino Marangolo, il tastierista Joe Amoruso, il percussionista Tony Esposito, il sassofonista Larry Nocella. In aggiunta, abbiamo la “partecipazione straordinaria” sia di alcuni musicisti nazionali mutuati dalla musica classica come Vito Mercurio al violino e Corrado Sfogli al mandoloncello, sia dei fenomenali ospiti internazionali come i trombettisti Adalberto Lara e Juan Pablo Torres, il percussionista Nanà Vasconcelos ed i sassofonisti Bob Berg e Gato Barbieri. Si crea così un’alchimia unica di suoni, di provenienze, di influenze che produce una scaletta live micidiale!
Altra tipicità di questo live è il grande spazio che Pino lascia nelle esecuzioni agli strumenti a fiato (che diventano veri e propri “attori non protagonisti” dello show) ed al contempo “rinnova” i propri pezzi con arrangiamenti nuovi e molto dilatati. Quest’ultima modalità è tipica dei più grandi concertisti del rock e del jazz-blues. Pino e la Neapolitan Power’s band dimostrano che non temono il confronto con nessuno, poiché sono musicisti che hanno raggiunto una maturità artistica tale che dal vivo rendono ancora di più rispetto alle registrazioni in studio, con improvvisazioni che sembrano delle vere e proprie “jam session”, seppure in una traccia ben preparata.
Infine, come tutti i grandi live, il disco non ha subito rimaneggiamenti in post produzione, conservando così la genuinità delle registrazioni e delle piccole imperfezioni acustiche.
Passiamo ora ai vari brani.
Come anticipato, il disco si apre con una rivoluzionaria versione di “Chillo è nu Buono Guaglione”. Il vestito musicale del brano cambia completamente, l’originale vivace samba si trasforma in un jazz-blues raffinato, i fiati la fanno da padrone con un intro di straordinaria bellezza, mai sentito prima. E’ una gioia musicale, dopo il primo ascolto già non si dimentica più! L’arrangiamento taglia anche una parte del testo originale (testo rivoluzionario sul problema della cosiddetta diversità) ma non ne risente affatto, il basso potente di Zurzolo, le tastiere spaziali di Amoruso, come la splendida voce di Pino, tengono il brano sempre vivo, con un fantastico finale che vede protagonisti ancora una volta i fiati del magnifico trio Nocella-Lara-Torres, supportati da un groove di alta scuola batteristica.
Segue la soft versione jazzata di “Have you Seen my Shoes”, dai magnifici assoli di trombone (Torres), tromba (Lara) e sax (Nocella), che ci dà l’effetto di un piacevolissimo momento di relax musicale. Particolari le percussioni di Vasconcelos che creano effetti a pioggia molto suggestivi, come del resto sono molto delicate sia le tastiere di Amoruso sia la chitarra di Pino.
Ma ecco che arriva lui, l’impetuoso “Viento 'e Terra”, il brano dove ascoltiamo le formidabili alternanze tra i fiati del fenomenale trio Nocella/Torres/Lara e il possente moog di Joe Amoruso; quest’ultimo - grande virtuoso delle tastiere – esegue addirittura un leggendario triplo assolo (uno più bello dell’altro), con il basso pulsante di Zurzolo e la maestosa batteria di Marangolo che dettano l’eccezionale ritmica del brano, che cambia continuamente ma che domano grazie alla loro eccelsa padronanza tecnica. Pino generosamente lascia molto spazio ai suoi straordinari musicisti che lo ripagano con una performance eccezionale! Per me resta la più ineguagliabile e straordinaria versione di questa canzone, registrata peraltro in un “tempio” della musica mondiale, ossia al Montreux Jazz Festival. Lo spettacolare finale lascia gli spettatori dal fine palato in estasi: è la certificazione della grandezza dell’esecuzione, è suono celestiale, è musica di altissimo livello!
“Io Vivo come Te” è un altro gioiello del live che, insieme all’intensa voce di Pino, presenta un’altra "voce" d'autore come quella del grande sax del maestro Bob Berg (in veste di special guest star), il quale si cimenta in un assolo davvero poetico che esalta il brano nella sua già sconvolgente bellezza estetica e musicale.
Segue l’enigmatica “Tarumbò”. Anche se il brano nasce come una presunta critica antipapale, nel testo Pino utilizza la tecnica della parlesia, un antico linguaggio in codice usato dai musicisti napoletani per comunicare tra loro senza farsi capire. Dal punto di vista musicale però Tarumbò è il brano blues tipico del progetto musicale Pino, basato sul principio ispiratore di mischiare la tarantella e il blues, creando un suo personalissimo stile chiamato appunto Tarumbò.
“Tutta n'ata Storia”, la straordinaria hit dell’album Bella ‘mbriana, vede protagonisti ancora i suoi musicisti, tra i rimbalzi del basso funky di Rino Zurzolo e i suoni di vetro delle magnifiche tastiere di Joe Amoruso. Insieme alla passionale voce di Pino, il brano esprime anche il groove irresistibile di Tullio De Piscopo, che trascina il pubblico verso un entusiastico coro-duetto finale con Pino. Sembra di stare proprio sotto quel palco!
I prestigiosi ospiti stranieri di questo disco, nota di assoluto prestigio, non si limitano a semplici passerelle ma suonano convintamente, coinvolti in quel meraviglioso "laboratorio musicale" formato dagli artisti del “Neapolitan Power” che contribuiscono al Pino-sound, trasformando, ad esempio, un’acerba "Chi Tene 'o Mare" in una ballata intensa e struggente. Qui il profondo sax del grande musicista argentino Gato Barbieri ci regala un’interpretazione degna della sua immensa classe.
Il primo disco si chiude con il rock di “Mo’ Basta!” (prima parte) che vede protagonista le straordinarie percussioni di Tony Esposito e il groove di Tullio De Piscopo. Le tastiere arabeggianti di Joe Amoruso non sono da meno. Il brano si configura come una jam session in due parti, dove tra l’altro il pubblico avverte che i musicisti non solo suonano divinamente ma si divertono pure!
Suggestiva è la versione di “Terra Mia” che apre il lato A del secondo disco, basata sui magnifici strumenti a corda suonati da Vito Mercurio (violino) e Corrado Sfogli (mandoloncello) che danno una veste classica (e perciò senza tempo) ad una delle prime composizioni di Pino, quella che diede il nome al suo primo disco, da dove tutto partì.
“Lazzari Felici”, il capolavoro di Musicante, è una magia che mette in risalto le tre poesie di Pino, quella del testo, quella della chitarra e quella della sua voce incantatrice. Una nota di merito va anche al contrabbasso di Rino Zurzolo che regala emozioni. Il pubblico li adora e si sente!
“Ce Sta Chi Ce Penza”, una delle prime canzoni composte da Pino, tratta dal suo primo lavoro Terra Mia, è rimasta nell’immaginario collettivo dei fan perché Pino prima d’iniziare parla con un membro della sua band e annuncia la canzone con la leggendaria frase: “Va buò, nun ffa niente…Facemmece ‘nu Blues!”
Segue un meraviglioso medley di tre brani del suo repertorio classico. S’inizia con il capolavoro “Appocundria”, il cui leggendario assolo originale di chitarra flamenco di Pino è completamente ri-arrangiato, forse anche in virtù del passaggio al successivo “Potesse essere Allero”, altro brano iconico del primo grande Pino. Chiude la bellissima “Je sto Vicino a Te” dove c’è il delizioso duetto chitarra-basso tra Pino e Rino.
“Quanno Chiove” non ha bisogno di presentazioni, è una canzone che si canta insieme al pubblico, una ciliegina sullo show di un artista che è nel pieno della sua maturità ed energia, oltretutto generoso anche nella sua performance chitarristica. Straordinario il sax di Larry Nocella e il piano di Joe Amoruso, due padroni assoluti dei rispettivi strumenti.
“Musica Musica” è un notevole pezzo rock, rigenerato dal sax di Larry Nocella e dalle nuove sonorità delle tastiere sperimentali di Joe Amoruso. Nel brano lo “scatt” (tipica tecnica vocale di Pino mutuata dal grande maestro George Benson) finale è travolgente e naturalmente anche il pubblico partecipa alla festa.
Segue la celeberrima “Yes I know my Way”, dove c’è poco da dire. E’ l’hit internazionale che fece conoscere Pino in tutta Europa, a cui il pubblico partecipa attivamente col coro. La versione è caratterizzata dalle grandiose tastiere di Amoruso e dal ritmo incalzante della batteria di Tullio De Piscopo.
“Mò Basta” (2 parte) è in pratica una specie di jam session, dove i musicisti danno libero sfogo al virtuosismo e alla improvvisazione. All’inizio Pino chiama a gran voce: “Tullio”. La scena ricorda quella del film “Il Gladiatore” quando ordina: al mio comando scatenate l’inferno! In effetti, prima si scatena la batteria di Tullio De Piscopo in un memorabile assolo, poi l’incredibile basso di Zurzolo. Segue a ruota il lungo scatt di Pino stesso, accompagnato dalle originali percussioni di Tony Esposito e dalle solide tastiere di Amoruso.
Il disco si chiude con la quieta e malinconica “Napul'è”, la canzone diventata il simbolo della moderna napoletanità. Anche in questo brano si avverte che il live non è solo un carosello di talentuosi musicisti ed ospiti: tutto è funzionale alla vibrante ed intensa presenza di Pino come front man, qualunque sia il brano eseguito.
Insomma SCIÒ è un disco da ascoltare per intero, centellinando le note di classe dei suoi solisti, assaporando la magia delle atmosfere mediterranee improvvisamente sferzate da una fusion raffinata e seguendo la poesia di liriche sospese tra l’America, Napoli e l’altra sponda del Mediterraneo.
L’album sugella per l’eternità la grandiosità del primo Pino Daniele, il fuoriclasse del Neapolitan Power, quello più amato dal pubblico dei suoi conterranei che, col senno del poi, gli hanno certamente perdonato la “colpa”, se colpa fosse stata, di non essere stato più nella purezza dell’ispirazione e nel prosieguo della sua carriera, ciò che era magnificamente stato.
Antonio Pezzullo
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