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Massimo Di Quirico

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Gli scritti di Antonio Pezzullo








La sfida degli opposti: Juventus - Napoli



Oggi 23 aprile 2023, alle ore 20.45, a Torino c’è una partita importante, forse determinante, che può essere la ciliegina sulla torta di un’entusiasmante stagione azzurra.

Dopo una bella fetta di campionato italiano dominato, il Napoli pur avendo un importante vantaggio in classifica (ben 14 punti sulla seconda Lazio e 16 sulla terza Juventus) sta attraversando un fisiologico periodo di flessione, dovuto anche ad una serie di circostanze sfortunate. Nel mese di aprile, proprio durante il doppio confronto europeo “fratricida” con il Milan, la squadra partenopea è stata falcidiata da infortuni e squalifiche. La sfida dell’andata a Milano l’abbiamo giocata senza i nostri tre attaccanti, tutti infortunati, mentre nel ritorno di Napoli abbiamo dovuto rinunciare non solo agli attaccanti infortunati (il solo Osimhen è rientrato ma chiaramente non era al 100%) ma anche a due perni fondamentali come Kim in difesa e Anguissa a centrocampo, che facevano la differenza. Nonostante tutto, le due sfide si sono rivelate equilibrate e alla fine ha prevalso il Milan, vuoi per la maggior esperienza internazionale, vuoi per averci affrontato con la squadra al completo. Senza dimenticare le due discusse direzioni arbitrali che certamente non ci hanno favorito. Smaltita la delusione, oggi il Napoli è chiamato al riscatto perché abbiamo un obiettivo reale importante da raggiungere, ossia quel sogno chiamato “scudetto” che non si realizza da ben 33 anni!

Il destino ha voluto che il riscatto azzurro debba avvenire proprio in questa che i napoletani da sempre considerano la “madre di tutte le partite” per una serie di ragioni. Personalmente, Juventus–Napoli la definisco da sempre la “sfida degli opposti”. Nell'immaginario collettivo, a torto o a ragione, questa partita è spesso vista come l'evento sportivo che presenta altre ipotetiche sfide nella sfida: Il Nord contro il Sud, la fabbrica dell'industria contro quella del turismo, la fredda organizzazione contro la calda improvvisazione, il potere delle grandi risorse economiche contro l'arte d'arrangiarsi con le poche risorse disponibili, la tradizione vincente contro quella poco vincente, per non dire perdente.

Ma c'è un altro aspetto che rende affascinante questa sfida, ossia quelle delle "tifoserie", entrambe così numerose (forse l'unico punto in comune) eppure di "natura" così diverse, tanto da essere collocate agli antipodi!

Il tifoso napoletano è per antonomasia il tifoso che si può definire "Napolide", ossia nella sua maggioranza ha una "cittadinanza" ed un profilo ben definito perché s'identifica totalmente con la città, con la sua cultura, la sua tradizione. Si è tifosi napoletani per storia e nascita, per appartenenza e lingua, per spirito e cultura, per un connubio identificativo globale tra squadra-città-gente. Il tifo per il Napoli nasce da una base viscerale, è parte del modo passionale d'essere di quel popolo; è basato sulla fierezza e sull'apparteneza ad una realtà certamente complessa ma anche profondamente condivisa, su di un 'osmosi di massa unica nel panorama delle grandi città italiane. Il “matrimonio” tra il Napoli ed i suoi tifosi si potrebbe definire un "matrimonio d'amore" e non "di convenienza", perché chi tifa Napoli sa già che, a priori, difficilmente potrà ottenere le vittorie della Juventus.

Ma c'è un altro fenomeno peculiare che caratterizza il suo tifo: la SSC Napoli è anche "lo stato d'animo" della città, che a seguito delle sorti "pallonare" diventa un organismo collettivo "vivente", ossia piange e ride, soffre ed esulta. Proprio per questo, "Vincere a Napoli" non è mai un evento che si consuma in fretta: non è un momento di effimera felicità ma una duratura gioia collettiva, una manifestazione di piazza, un'incredibile festa di popolo, dove la vittoria sportiva si trasforma sempre in un evento social-popolare: il trionfo lo vivi pienamente, la soddisfazione diventa totale ed irrefrenabile, intensa e duratura, in una sola parola indimenticabile!

Il tifoso juventino al contrario, nella sua maggioranza, è un tifoso "Apolide", nel senso che in generale non ha una sua precisa "cittadinanza". Chiaramente, il discorso non riguarda il tifoso juventino residente a Torino, ma i tifosi sparsi per l’Italia che rappresentano il 70 per cento del popolo bianconero. Perché per storia, cultura e sedimentazione, il tifoso è delocalizzato o trapiantato. Spesso là dove non esiste una tradizione cittadina di squadra importante, ecco che la maggior parte dei tifosi abbracciano la fede della squadra tradizionalmente più vincente in Italia. Il paradosso è che la Juve non è signora nemmeno a casa sua. Perché Torino appartiene al cuore granata, il nucleo della città tifa Toro, come una specie di asimmetria fatale. Alla Juve appartiene maggiormente la periferia, guarda caso nata a seguito delle grandi emigrazioni del dopoguerra, dove i meridionali cercavano fortuna e lavoro nelle fabbriche e nell’indotto della Fiat, capitanata dalla potente famiglia Agnelli, anche padre-padrone della società sportiva. Il vero zoccolo duro juventino non ha dunque appartenenza toponomastica, non ha un capoluogo né quartier generale. In sintesi, la Juve è come se fosse di tutti e di nessuno.

Ma ritorniamo alla partita di oggi. L’attesa è finalmente finita. Si guarda la partita a “La Centrale” di Portoferraio, con il solito gruppetto di fedelissimi azzurri.

Inizia il primo tempo. La partita s’incanala nel solito canovaccio: è il Napoli a tenere le redini del gioco, col magnifico palleggio che Mister Spalletti ha donato a questa squadra, di cui la mente a centrocampo è il piccolo slovacco Lobotka, che detta i ritmi nonostante la marcatura stretta degli avversari. La Juve è particolarmente abbottonata, Mister Allegri l’ha riempita di centrocampisti lasciando il solo Milk come punta. Il Napoli ha ancora qualche attaccante non disponibile come Simeone, mentre Osimhen sembra ormai ristabilito, con Giacomo Raspadori che siede in panchina ma pronto a subentrare.

Nel primo tempo la partita è molto tattica, la Juve chiude bene tutti gli spazi e il Napoli ha difficoltà ad affondare i colpi. Comunque il primo tiro in porta è dello juventino Cuadrado che al limite dell’area calcia in porta ma il nostro portiere Meret respinge senza troppo affanni. Alla mezzora c’è un episodio che farà molto discutere: lo juventino Gatti sferra un pugno da dietro al nostro attaccante Kvaratschkelia, che si accascia a terra. L’arbitro non lo vede ma il VAR inspiegabilmente non lo richiama: dalle immagini Tv si vede chiaramente la condotta violenta del difensore che avrebbe – a norma di regolamento – meritato l’espulsione. Ripresosi, poco dopo lo stesso Kvara indirizza un bel calcio da fermo in porta ma il difensore Danilo respinge di testa sulla linea! Finisce il primo tempo, abbastanza povero di emozioni.

Nel secondo tempo il Napoli aumenta il ritmo degli attacchi e crea occasioni a ripetizione: prima Kvara spara di sinistro in porta, dopo un doppio dribling in area, con la bella parata del portiere juventino. Poi sale in cattedra il capo cannoniere Osimhen che sfiora il gol in ben tre occasioni consecutive: nella prima prende il palo dopo una stupenda triangolazione con Elmas, nella seconda da un calcio d’angolo di Zielinski, Osimhen stacca di testa ma il portiere juventino è ben piazzato e la blocca; nella terza occasione, tira al volo sfiorando la traversa dopo un fulmineo inserimento in aerea, su assist del capitano Di Lorenzo. Il nigeriano avrebbe meritato sicuramente miglior fortuna!

All’81° minuto si verifica un episodio chiave: Lobotka subisce in attacco un fallo netto da Milik, che l’arbitro non vede, e sulla stessa ripartenza l’argentino Di Maria (subentrato da poco) porta in vantaggio la Juve. Il Napoli protesta per l’ingiustizia subita ma per fortuna stavolta interviene il VAR che invita l’arbitro a rivedere l’azione: l’arbitro accorda così il fallo a favore del Napoli, annullando di fatto la rete della Juventus. Giustizia è fatta! Nei minuti finali, lo juventino Cuadrado prova un altro dei suoi leggendari “tuffi” in area di rigore avversaria ma l’arbitro stavolta non abbocca!

Al Napoli andrebbe benissimo anche il pareggio ma proprio da quell’azione simulata di Cuadrado, come in una specie di legge del contrappasso dantesca, nasce la vittoria della squadra partenopea. Zielinski porta avanti la palla al limite dell’area di rigore e, dopo un dribling riuscito, serve alla sua destra Elmas che, con un cross perfettamente calibrato, raggiunge dall’altro lato dell’area il neo entrato Raspadori. Il giovane attaccante, con uno stupendo sinistro, tira al volo un bolide che passa tra le gambe del portiere juventino e s’insacca nella rete!

E’ l’apoteosi! Lo spicchio dello stadio di Torino colorato d’azzurro esplode in un boato assordante e i calciatori del Napoli in campo fanno la "grande ammucchiata" intorno a Giacomino Raspadori, dato che ha messo a segno un gol “storico”, probabilmente decisivo per l’assegnazione dello scudetto partenopeo!

E’ da notare che l’azione vincente del Napoli, al 93° minuto, è scaturita proprio dai tre calciatori che il saggio mister Spalletti aveva preservato e fatto subentrare nel corso della ripresa: il polacco Zielinski, il macedone Elmas e l’italianissimo Raspadori.

Esplode la festa non solo a Torino ma anche a “La Centrale” di Portoferraio, dove un altro boato accompagna il gol vincente di Raspadori. A fine partita siamo tutti felici perché si ha la consapevolezza che ormai è quasi fatta!

Un‘ultima considerazione.

C'era un georgiano, un nigeriano e un coreano....

oppure c'era un macedone, un polacco e uno slovacco...

oppure c'era un portoghese, un uruguaiano e un napoletano...

Comunque la si racconti, questa stagione 2022-2023 non è una barzelletta ma un'incredibile favola azzurra!
L'impresa di Torino ci regala un'immagine poetica, che solo la magia del calcio (e dello sport in generale) sa offrire. Al gol di Raspadori, tutti i compagni di squadra corrono verso di lui per abbracciarlo, tutti tranne uno: il veterano Zielinski. Lui non ce la fa, crolla a terra per l'emozione perché sa di aver raggiunto finalmente il sogno! Lui che ci aveva provato già tante volte, sfiorandolo solo quello scudetto, soprattutto nel 2018 quando fu beffato con tutta la squadra, nonostante i 91 punti fatti dal Napoli. Si sdraia stremato ma felice come un bambino, di spalle, sul terreno bagnato, allarga le braccia e si lascia bagnare da quella pioggia battezzatrice. Nel terreno trova la gioia che provano gli uomini a guardare il cielo faccia a faccia. È un'immagine meravigliosa. È un modo per dire a sé stesso che quella corsa infinita e logorante non è stata vana. Grazie Pietro, mi sono commosso insieme a te! E' la scena simbolo della serata e, forse, dell'intera stagione del Napoli, che resterà nella Storia. Una scena che non dimenticherò, è il cerchio che finalmente si chiude, è il lieto fine della favola più bella!
Ora si deve solo aspettare... Parafrasando un mito: "Amà, sta passanno ‘a nuttata"
Grazie Napoli, orgoglio di un popolo!

Antonio Pezzullo