Gli scritti di Antonio Pezzullo
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TOP 10 DISCHI LIVE
N.2 - MADE IN JAPAN - Deep Purple
“Made in Japan” è considerato all’unanimità una pietra miliare dei dischi dal vivo! La maggior parte della critica musicale lo ritiene il miglior disco “live” di sempre.
Pubblicato verso la fine del 1972 ad opera della band britannica “Deep Purple”, sin da subito ha creato uno spartiacque tra prima e dopo. A causa della sua grande potenza espressiva, questo lavoro ha definito i canoni del perfetto disco live. Prima di allora, i dischi live erano apprezzati solo da pochissimi appassionati. Dalla pubblicazione di questo capolavoro, gli amanti della musica cominciarono a “pretendere” l’uscita di dischi dal vivo.
Descrivere in pieno la grandezza di questo live è difficile perché molteplici ne sono le ragioni. Il disco presenta ancora oggi sonorità inarrivabili, nonostante il fatto che all’epoca gli strumenti tecnici di registrazione non fossero così raffinati come quelli odierni, al punto che era spesso necessario “ritoccarli” in postproduzione, questo sia per ovviare ad imprecisioni tecniche dei musicisti sia per ovviare al problema della scarsa qualità della registrazione. Il bassista Roger Glover, a giusta ragione, lo definì come “Il disco più onesto della storia del Rock” proprio per la sua caratteristica principale, ossia la genuinità, la bontà e la purezza delle registrazioni che non hanno subìto alcuna sovra incisione o fasi di rielaborazione in postproduzione.
Altro elemento determinante è il fatto che il disco nacque nel periodo d’oro del gruppo: qui vediamo all’opera cinque eccelsi musicisti nel pieno della loro maturità artistica, raggiunta peraltro dopo aver fatto tanta gavetta dal vivo. La performance della band, sia dal punto di vista tecnico che emozionale, sfiora la perfezione!
In questo live, la band dei “Deep Purple” è formata dai seguenti musicisti: il bassista Roger Glover, il batterista Ian Paice, il cantante Ian Gillan, il tastierista Jon Lord ed il chitarrista Ritchie Blackmore. E’ la cosiddetta Mark II, ossia la seconda formazione, dalla nascita dei Deep Purple, considerata unanimemente la migliore.
La storia della nascita di questo live è ormai leggenda. Dopo l’uscita ed il grande successo dell'album in studio “Machine Head”, in vista della loro imminente tournée in Giappone, al loro produttore discografico venne l’idea di registrare alcune date di questi concerti per la creazione di un disco live, che inizialmente avrebbe dovuto uscire solamente in terra nipponica. Secondo quanto raccontato dallo stesso Jon Lord, la band non era affatto entusiasta del progetto ma dietro l’insistenza del loro produttore l’accettarono e lo chiamarono "Made in Japan", in modo quasi dispregiativo, dato che "Prodotto in Giappone" a quell'epoca significava come l'odierno "Made in China", cioè era sinonimo di prodotto di scarsa qualità. Mai tale previsione fu più errata!
I tre concerti del tour giapponese si tennero tra il 15 e il 17 agosto del 1972 al Festival Hall di Osaka e al Nippon Budokan di Tokyo. In Giappone i Deep Purple erano già delle vere e proprie celebrità perché era il paese dove la band vendeva di più, a testimonianza di quanto i nipponici amavano il rock. Le eccezionali performances della band inglese furono davvero memorabili, grazie ad un mix di forte coesione ed eccezionale forma, che in seguito – purtroppo - non si sarebbe più ritrovata. Ne uscì dunque un lavoro rivoluzionario, basato su un perfetto concentrato di follia hard rock, su una magica alchimia di tecnica strumentale ed energia, classe e perfezione. Le canzoni, pur essendo già note al pubblico, furono arrangiate diversamente e dilatate enormemente grazie ad eccelse improvvisazioni, che le diedero un nuovo e più potente fascino rispetto a quello dei dischi in studio, in parte addirittura oscurandole.
Per i suddetti motivi, questo disco ha tracciato una strada che tutti i grandi artisti rock dopo di loro avrebbero seguito, divenendo un punto di riferimento di ogni gruppo musicale: ancora oggi rappresenta quella "patente" di grandiosità di disco live che ne fa il punto di arrivo di ognuno.
A differenza della maestosità delle tracce musicali, la copertina è invece piuttosto sobria e la foto curiosamente non fa riferimento a uno dei mitici concerti giapponesi ma venne scattata durante un live alla Brixton Academy di Londra.
Passiamo ai vari brani del doppio vinile.
Lato A
L'album inizia con l'epica "Highway Star", con un originale intro d’organo di Lord mentre, nel frattempo, il cantante presenta velocemente il brano. Subito dopo Ian Gillan attacca con la sua voce tagliente che subito esalta il pubblico. Il brano è supportato dall’eccezionale base ritmica della batteria di Paice e del basso di Glover, che danno la sensazione di rincorrere a testa bassa gli altri tre forsennati musicisti. Il brano è allungato con maestria e tutto è svolto con grande improvvisazione, con l’organo di Lord che si produce in un primo eccezionale assolo. Dopo la seconda parte cantata da Gillan, subentra la Fender Stratocaster di Blackmore che domina la scena con il celeberrimo assolo (uno dei più grandi della storia del rock) eseguito a duecento all’ora! Non ci poteva essere un inizio più scoppiettante per accendere la miccia tra il già infuocato pubblico!
La band dà il meglio di sé con un altro classico, "Child in Time", immenso brano antimilitarista (tratto dall’altro album capolavoro in studio “Deep Purple in Rock”), dalla grandissima intensità ed energia. Pur ascoltando ogni genere di musica da tanti anni, devo dire che, ogni volta che lo sento, il brano mi fa sempre venire i brividi! Ian Gillan sfodera tutte le sue eccezionali doti vocali nei suoi leggendari acuti che sembrano delle vere e proprie “grida di dolore” del soldato americano in Vietnam protagonista del testo, col falsetto che raggiunge tonalità selvagge e impensabili anche per un ottimo cantante, accompagnato da una chitarra indiavolata e da un organo fiabesco e fantastico, che apre col suo fraseggio iniziale in modo pacato per poi sfogare tutta la sua rabbia nella parte centrale della canzone.
Si racconta che in questa esibizione, la voce di Ian Gillan fu misurata in decibel ed al momento dell'acuto più alto, i decibel che generò (con l'amplificazione) sono stati paragonati a quelli che avrebbe generato un aereo in partenza!
L’unica cosa che si può rimproverare (si fa per dire - volendo proprio cogliere il pelino nell’uovo) a questa versione live è la mancanza del breve ma stupendo assolo rock di Blackmore, presente nella versione in studio, che fa da spartiacque nella suite musicale quando si passa dal rock all’hard rock. In questa versione live, la suite si apre comunque con lo splendido assolo d’organo di Lord, che è uno dei marchi di fabbrica della band, con l’inarrivabile chitarra di Blackmore che si scatena successivamente nella parte hard rock. Non c’è altro da aggiungere, è semplicemente un capolavoro assoluto!
Lato B
Il lato si apre con la mitica "Smoke on the Water". Non appena Blackmore accenna le prime note del leggendario riff, il pubblico giapponese l’accompagna subito con un ritmato battito di mani. Il brano viene sapientemente allungato con due assoli, il primo di chitarra e il secondo di organo. Bellissimo il finale, dove il dialogo tra l’organo e la chitarra riprende, prima del delirio finale del pubblico nipponico che travolge di applausi la fenomenale esecuzione della band!
È noto che la nascita di questo pezzo è ispirato all’incendio scoppiato nel 1971 durante un concerto di Frank Zappa a Montreux, sul lago di Ginevra, con i Deep Purple che erano in attesa di entrare in sala d’incisione. Essi videro perciò in diretta “il fumo sull’acqua e le fiamme nel cielo” come descritto nel testo. C’è da dire però che nemmeno i loro autori avevano previsto la grande fortuna di questa canzone presso il pubblico, dovuta sicuramente alla grandezza e maestosità dello storico riff di chitarra: ogni ragazzo che abbia imbracciato una chitarra ha provato almeno una volta ad imitarlo!
Tutte le facciate del vinile contengono al massimo due brani, a dimostrazione di come la band dal vivo non riproduce solamente il brano originale ma su ciascuno ci costruisce una nuova rivoluzionaria versione. Nel brano “The Mule”, dopo la parte inziale, ad un certo punto il batterista Paice si scatena in un grandioso assolo di ben 6 minuti, dove mette in mostra tutte le sue enormi capacità tecniche, quasi volesse avvisare che anche lui può pretendere a pieno diritto di far parte della ristretta cerchia dei batteristi più virtuosi di sempre, mentre i compagni si riposano un attimo lasciandogli completamente la scena. Una curiosità: il titolo del pezzo è ispirato al famoso personaggio del “Mulo” presente nel “Ciclo delle Fondazioni” di Isaac Asimov, ritenuta dai più come la più grande saga fantascientifica di sempre, scritta da colui che è ritenuto il “padre” della letteratura fantascientifica.
Lato C
La splendida "Strange Kind of Woman" è anch’essa allungata a dismisura dalla band, dove nella parte centrale la chitarra di Blackmore esegue prima un lungo assolo e subito dopo sfida la voce (in falsetto) di Gillan in un duetto improvvisato. Il duetto finisce con un acuto estremamente lungo di Gillan: uno spettacolo che manda ancora una volta in visibilio il pubblico presente!
Un altro brano che esce più potente nella versione live rispetto a quella in studio è il blues di "Lazy". L’organo di Lord e la chitarra di Blackmore ingaggiano l’ennesimo duello musicale, dove si scambiano riff e svisate di altissimo livello. La creatività e la fantasia, l’ispirazione e l’improvvisazione strumentale del gruppo è di altissimo livello. Sebbene sempre suadente e potente, la voce di Gillan ha un po' meno spazio ma in compenso qui mette in mostra le sue doti con l'armonica a bocca, riuscendo a dare al pezzo un caldo tocco blues!
Lato D
"Space Truckin" è un brano lunghissimo che da solo occupa tutta l’ultima facciata del doppio vinile. Qui il protagonista principale è l'organo di Lord, che domina e mette in mostra tutta la sua bravura. Il brano ha un ritmo forsennato sostenuto dalla solida batteria di Paice, si allunga molto per dare spazio anche al mitico riff di chitarra di Blackmore e al potente cantato di Gillan. Una leggenda metropolitana insinuava che questa canzone era così dura e complicata che Blackmore si ruppe il braccio suonandola. Nella realtà è un fatto che non è mai accaduto ma anche queste leggende fanno parte a pieno titolo della grande storia del rock!
Nella versione in vinile, il disco finisce qui ma nella versione rimasterizzata in CD ci sono altri pezzi epocali che furono esclusi per mancanza di spazio, come l'ottima "Lucille", cover in chiave hard rock del brano del padre del Rock 'n Roll, il grande Little Richard, da sempre presente nei live della band.
Altro brano è “Speed King”, con un riff potente e veloce di Blackmore che poi lascia spazio all’assolo d’organo (hammond) di Lord. Anche in questo brano c’è la botta e risposta tra gli assoli di chitarra ed organo oppure tra chitarra e voce, che sono un altro marchio di fabbrica di questa straordinaria band.
Infine, chiude l'ottima "Black Night", esaltata e dilatata rispetto alla versione in studio tratta dal già citato album capolavoro "Deep Purple In Rock", che rappresentò la svolta hard rock del gruppo.
Che cosa altro si può aggiungere? In pochi altri casi nella storia della musica ci si trova di fronte a musica così ben suonata, senza troppi fronzoli e soprattutto senza trucchi ed inganni. Nonostante lo scorrere degli anni, questo live continua ad avere un fascino irresistibile, rimasto intatto fino a nostri giorni, sia che si abbia la fortuna di ascoltarlo su un vecchio ma caldo vinile, sia che lo si faccia su un moderno ma più freddo supporto digitale.
L’immortalità di un capolavoro assoluto come “Made in Japan” contribuisce in maniera trionfale ed a pieno titolo alla vera essenza della magia del rock!
Antonio Pezzullo
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