Gli scritti di Antonio Pezzullo
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TOP 10 DISCHI LIVE
N. 8 - Fabrizio De André in concerto - Arrangiamenti PFM
Il leggendario tour congiunto che fecero Fabrizio De André e la band rock Premiata Forneria Marconi (PFM), tra la fine del 1978 e l’inizio del 1979, produsse uno dei migliori dischi live italiani di tutti i tempi. La rivoluzionaria collaborazione, per quanto all’epoca fosse considerata stupefacente per le ragioni che vedremo sotto, di per sé però non era una novità. Franz di Cioccio, batterista ed uno dei leader della prestigiosa progressive rock band, raccontò in un’intervista che con Fabrizio si conoscevano sin dagli anni ’60 «quando ci chiamavamo ancora “Quelli”» e collaboravano nell’album La Buona Novella.
All’epoca, arrangiare in chiave rock progressive il repertorio di un cantautore colto e raffinato come De André era considerata quasi un’eresia musicale. Sempre Di Cioccio racconta che «tutti dicevano a Fabrizio di non collaborare con noi, che lo avremmo offuscato. E invece unimmo il cantautorato e il rock come già succedeva in America, passando alla storia». In effetti, la storia ha dato loro pienamente ragione, senza considerare che un’operazione del genere era stata portata al successo anni prima in America dal cantautore per eccellenza, ossia Bob Dylan, con il gruppo rock The Band e si era ripetuta anche tra Jackson Browne e gli Eagles.
Il progetto nacque in Sardegna dopo che De André assistette ad un concerto della PFM. Lo stesso De André all’inizio aveva molte perplessità su questo sodalizio artistico. In un’intervista il cantautore ricordò a proposito: «l’idea di un tour con un gruppo rock sulle prime mi spaventò, ma il rischio ha sempre il suo fascino: forse in una vita precedente ero un pirata, e così una parte di me mi diceva di accettare. In più ero tormentato da interrogativi sul mio ruolo, sul mio lavoro, sull’assenza di nuove motivazioni. E la PFM mi risolse il problema, dandomi una formidabile spinta verso il futuro. La tournée con loro è stata un’esperienza irripetibile perché si trattava di un gruppo affiatato con una storia importante, che ha modificato il corso della musica italiana».
Il tour congiunto partì a fine dicembre 1978 da Forlì e andò avanti per tutto il gennaio successivo. Da quel tour vennero tratti due album dal vivo, intitolati “Fabrizio De André in Concerto” seguito dalla dicitura “Arrangiamenti PFM”: il primo volume uscì nel 1979, il secondo nell’80, proprio a cavallo dello storico sequestro in Sardegna di De André e Dori Ghezzi.
Il risultato fu strabiliante, si creò una chimica unica tra poesia e raffinati arrangiamenti rock. In effetti, il lavoro di arrangiamento della PFM, che era già al massimo della sua notorietà, risulta ancora oggi davvero eccezionale: nonostante lo scorrere degli anni, le canzoni appaiono allo stesso tempo uguali e rivoluzionate. De André dal vivo mostra una sicurezza raramente vista prima e ogni componente della band si ritaglia un proprio spazio per far valere le proprie qualità di eccelso musicista, senza che le canzoni diventino occasione di futile virtuosismo.
De André in Concerto con la PFM uscì inizialmente con un solo album, con i brani tratti dai concerti del Teatro Tenda di Firenze e del Palasport di Bologna nel mese di gennaio 1979, e perciò mi concentrerò solo su questa primo volume. Il secondo volume è sempre di buon livello ma oggettivamente è meno pregiato del primo.
La composizione della band è formidabile: oltre a Fabrizio De André alla voce e chitarra acustica, i musicisti protagonisti del live sono: Franz Di Cioccio alla batteria, Patrick Djivas al basso, Franco Mussida alle chitarre, Flavio Premoli alle tastiere e fisarmonica, Lucio Fabbri al violino, Roberto Colombo ai sintetizzatori e alle percussioni.
Il lavoro si apre con la celebre Bocca di Rosa. La canzone, scritta nel 1967, inizia con un bellissimo arpeggio di chitarra accompagnato da un lieve sintetizzatore, creando un inedito, lungo ed affascinante intro musicale. La voce del Faber è talmente solenne e decisa che esalta ancor di più l’immortale testo, pacificamente considerato un capolavoro. Il variegato arrangiamento è in pieno stile rock progressive, arricchisce il brano anche nella parte centrale, con un altro (inedito) assolo strumentale di altissimo livello. La canzone viene così valorizzata con classe senza togliere nulla alle atmosfere originali.
Segue Andrea, un pezzo che all’epoca del concerto era nuovo. Viene eseguito in una versione folk-rock da antologia, con le belle chitarre acustiche di De André e Mussida che lo caratterizzano in maniera decisa. La novità è che il brano ha un ritmo più accelerato rispetto all’originale in studio, i coretti femminili sono eliminati e il nuovo arrangiamento migliora piacevolmente la resa della canzone.
Giugno ‘73 è la bella ballata che inizia con un’altra lunga ed inedita introduzione, grazie al profondo basso di Patrick Djivas, che sostituisce il violino della versione originale. L’arrangiamento è però delicato, sembra quasi una ninna nanna, che si sostituisce all’originale strumentazione orchestrale. Il risultato, senza nulla togliere all’originale, è molto efficace e fa risaltare la voce di De André, particolarmente asciutta e senza fronzoli, che ci racconta una storia d’amore giovanile ed autobiografica.
Si prosegue con un grande classico, Un Giudice, tratto dal celebre disco "Non al Denaro non all'Amore né al Cielo". La veste sonora, rispetto all’originale, è molto più ricca e ritmata. Grandi protagonisti dell’arrangiamento sono la virtuosa fisarmonica di Premoli ed il basso rotolante di Dijvas. La PFM amplia anche il celebre controcanto, facendone il marchio di fabbrica del brano.
Il primo lato si chiude con La Guerra di Piero, una delle più fulgide poesie della letteratura musicale italiana e mondiale. Una toccante introduzione di pianoforte sostituisce l’originale di chitarra classica. Forse per rispetto o timore reverenziale di fronte a questo capolavoro, gli arrangiamenti sono più lievi ma il violino e i delicati sintetizzatori arricchiscono comunque la storica versione originale che risultava musicalmente più spartana.
Il secondo lato si apre con una pirotecnica versione de Il Pescatore, che presenta l’arrangiamento più straordinario del disco! La nuova sonorità rock, l’aumento di ritmo, i leggendari cori e lo stratosferico violino di Lucio Fabbri (non a caso detto “Violino”) trasformano magnificamente l’originale versione country che aveva il fischio e la chitarra saltellante. Il lavoro della PFM è profondo, il nuovo ritmo elettrizzante e sfrenato dato alla canzone è ben guidato dalla solida batteria di Franz Di Cioccio. La durata quasi doppia rispetto all’originale testimonia lo stravolgimento salvifico di questo brano che trascina al successo tutto il disco.
Il titolo della canzone successiva, Zirichiltaggia, come spiega dal vivo lo stesso Faber, significa Lucertolaio e racconta di un litigio tra due pastori per questione di eredità. La filastrocca è un vero e proprio scioglilingua in sardo. Musicalmente è una canzone in stile Cajun, genere tipico della Louisiana, dove il violino di Fabbri sembra ancora una volta tarantolato.
Tocca poi al classico dei classici, La Canzone di Marinella, particolarmente amata dallo stesso autore, che in un’intervista affermava che «sono legato a questa canzone perché, indipendentemente dal suo valore, trovo che ci sia un perfetto equilibrio tra testo e musica, diciamo che sembra quasi una canzone napoletana scritta da un genovese». A parte un’inedita e bellissima introduzione, la versione è molto rispettosa dell’originale anche se la PFM introduce la novità della parte di batteria. Qui c’è poco altro da aggiungere, il brano è un capolavoro che suona bene in qualsiasi veste musicale.
Volta la Carta, scritta insieme all’amico-cantautore Massimo Bubola, quest’ultimo co-autore anche di "Andrea" e "Zirichiltaggia", è un’allegra ballata che si basa su un arrangiamento di musica popolare, simile ad una “giga”, una tipica danza irlandese, con il violino di Fabbri che ancora una volta fa da mattatore. Il testo cita varie filastrocche tradizionali, per un risultato che porta un po' di allegria dopo la commovente Canzone di Marinella. Il brano precede l’intenso finale che chiuderà il disco.
Amico Fragile è ritenuta, anche dallo stesso autore, una delle canzoni più importanti del repertorio di De André. Rispetto all’originale arrangiamento orchestrale e alla durata di circa cinque minuti, questa versione subisce una specie di trasfigurazione, la durata si allunga notevolmente fino a superare i nove minuti. L’arrangiamento inizia con un arpeggio di chitarra acustica che ricorda la musicalità di Leonard Cohen, il grande cantautore folk canadese. Ma è soprattutto la stupefacente chitarra elettrica di Franco Mussida che ci porta in un’altra dimensione e contribuisce a darle quell’avvolgente atmosfera rock, con due memorabili assoli, uno centrale e uno finale, che fanno venire in mente quelli leggendari di David Gilmor in Comfortably Numb. Del resto, il rock progressive della PFM e dei Pink Floyd hanno sempre avuto molti punti in comune. Senza ombra di dubbio, siamo davanti ad uno degli assoli più belli della storia della musica italiana!
Questo disco compie il "miracolo musicale" di mettere d’accordo i puristi del rigore linguistico della canzone d’autore con gli appassionati dell’energia del rock. Oggi sembra grottesco pensare a questo capolavoro come un disco che, all’epoca della sua uscita, potesse scatenare un qualche tipo di polemica. A riascoltarlo oggi, ci sembra che le canzoni di De André, o almeno alcune di esse, siano sempre state così.
Nel 2019 è stato ritrovato, negli archivi personali del regista genovese Pietro Frattari, l’intera registrazione audio e video del loro concerto tenuto alla Fiera di Genova il 3 gennaio 1979. Di conseguenza, nel 2020 è uscito un bel docufilm, con la sapiente regia di Walter Veltroni, che ha riportato in vita un'eccezionale testimonianza di quella stagione irripetibile, arricchito dalle interviste di buona parte dei suoi protagonisti che sono state raccolte in occasione dell’uscita del docufilm.
Dopo quasi mezzo secolo, Fabrizio De André in concerto-Arrangiamenti PFM rappresenta sempre una pietra miliare dei live italiani!
Antonio Pezzullo
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