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Massimo Di Quirico

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Gli scritti di Antonio Pezzullo








TOP 10 DISCHI LIVE

N. 7 EAGLES Live – Eagles



Gli Eagles sono una delle più leggendarie band della musica mondiale. Il gruppo americano ha scritto brani talmente memorabili che ancora oggi sono riconosciuti sin dalle loro prime note. Sono tra gli esponenti di spicco della cosiddetta musica della "west-coast", un genere musicale che si caratterizza per le notevoli armonie vocali, per la presenza massiccia di chitarre e per gli arrangiamenti a metà strada tra il classico stile country/folk dell'ovest americano ed altre contaminazioni sonore. Come altri grandi protagonisti d’oltreoceano (Dylan e Springsteen su tutti), anche loro hanno cantato il "sogno americano" ma a modo loro, ossia riletto al sole caldo della California. Inoltre, grazie all’enorme successo commerciale, hanno rivalutato il country-rock, trasformando ciò che prima era solo un genere di nicchia in un genere popolare.

Eagles live, pubblicato nel 1980, pur essendo il loro primo disco dal vivo, rappresenta in un certo senso la sintesi della loro storia migliore ed il coronamento della carriera, malgrado le travagliate vicende che l’hanno caratterizzato. Infatti, nonostante l’enorme successo che il gruppo aveva raccolto nel corso degli anni 70 in ogni parte del mondo, in quell’anno il gruppo stava vivendo un periodo di forti contrasti, che da lì a breve ne avrebbero decretato lo scioglimento per un lungo periodo.
Per questo motivo, la nascita del disco fu piuttosto travagliata e lo riscontriamo sin dalla sua leggendaria copertina, a forma di baule, dove erano evidenti alcuni messaggi subliminali: la scritta MIA (Missing In Action) sotto forma di artwork, il numero 86 (visibile sul fronte e retro) che nello slang americano significa disfarsi di qualcosa; infine, all’interno, alla fine dei ringraziamenti, appare una laconica scritta "Thank you and Goodnight" che lasciava pochi dubbi sul futuro della band. All’interno dell’ermetica copertina, insieme ai due LP, troviamo un grande e bellissimo poster, dove da un lato ci sono i protagonisti in concerto e dall’altro la vista di un grande anfiteatro colmo di spettatori. La cosa più importante però è che in quel baule, come in uno scrigno prezioso, sono conservati numerosi tesori della musica mondiale.
Come spesso accade nei live, il disco non fu il prodotto della registrazione di un singolo concerto.
La maggior parte dei brani vennero registrati nel luglio del 1980, nel corso del loro trionfale tour in California (in particolare a Santa Monica e Long Beach) dove vennero accolti come graditi “profeti in patria”. I restanti brani: New Kid in Town, Wasted Time, Take It to the Limit, Doolin-Dalton (reprise II) e Desperado, risalgono invece all'ottobre del 1976 quando in formazione c'era ancora il bassista Randy Meisner.

L’eccezionale band di musicisti è formata da: Glenn Frey – voce, chitarra, tastiere; Don Henley – voce, batteria, percussioni; Joe Walsh – voce, chitarra, tastiere; Don Felder – chitarra, mandolino, voce; Timothy B. Schimt – basso, voce; Randy Meisner – basso, voce; Guest star: Phil Kenzie – sax.

Passiamo ai vari brani che si devono ascoltare chiudendo gli occhi, perché l’arte degli Eagles e la magia della loro musica ci trasporterà, come in un fantastico viaggio, sulle sconfinate praterie americane solcate dalla Route 66, nella direzione di un tramonto di fuoco che si scorgerà sull'orizzonte lontano.

Lato 1

Si apre con la leggendaria Hotel California, la canzone rock simbolo della band che da sola vale intere discografie, con il favoloso doppio assolo delle chitarre di Walsh e Felder che è pacificamente considerato uno dei più bei “solo” di sempre. La versione live amplifica la grande bellezza della composizione musicale, che fa di questo brano uno dei più famosi di tutti i tempi! Non a caso quando uscì, oltre a dominare le classifiche di vendita di tutto il mondo, vinse anche il Grammy Award come miglior singolo dell’anno.

Heartache Tonight è un potente rock-blues che sconfina nel country, cantato dalla graffiante voce di Glenn Frey, accompagnato dal caratteristico sound della chitarra slide di Felder. E’ una straordinaria ed energica composizione che dimostra tutta la potenza espressiva di questi grandi artisti. La canzone è diventata poi una cover eseguita da tanti artisti, da James Taylor a Michael Bublé.

La stupenda I Can’t Tell You Why, cantata dal bassista T.B. Smith, è un “lentaccio” micidiale, dal delicato sound R&B, che dal vivo non perde nulla della sua eccezionale musicalità d’atmosfera, ingioiellato dal solito assolo chitarristico della premiata ditta Felder e Walsh. Negli anni ottanta (e oltre) ha fatto ballare tante generazioni di ragazzi, quando ancora nelle discoteche, al chiuso o all’aperto, si ballavano i cosiddetti “lenti” che con la loro musica soft creavano un’atmosfera romantica e indimenticabile. Questo lento è una pietra miliare di quella fortunata generazione di ragazzi.

Lato 2

The Long Run è un bel brano R&B con l’inconfondibile voce di Don Henley. In questa versione live c’è un’insolita sezione di fiati arricchita da un grandioso assolo finale del sassofonista britannico Phil Kenzie, graditissima guest star. Paradossalmente, il testo della canzone parla di longevità mentre il gruppo in quel periodo stava per sfaldarsi per gli screzi interni.

New Kid in Town è un altro capolavoro del live. Nel brano tutto è delicato, dalla prima voce di Glenn Frey ben supportata dalla linea melodica della seconda voce di Don Henley, dalla splendida chitarra solista di Felder fino all’organo Hammond di Walsh. E’ un brano romantico che mette in risalto uno dei punti forti della band, ossia le molteplici linee melodiche vocali, così tipiche del gruppo. Nel 2016, la rivista Rolling Stone ha giudicato "New Kid in Town" come la quinta più grande canzone degli Eagles, descrivendola come "un squisito pezzo di malinconia del sud del confine" e lodandone le complesse "armonie sovrapposte". Queste armonie hanno aiutato la canzone a vincere il Grammy Award per il miglior arrangiamento vocale per due o più voci.

Life’s Been Good, basato su un mix di rock con un tocco di reggae, si apre con un bel riff di chitarra ed è uno dei due pezzi che appartengono al repertorio solista del chitarrista Joe Walsh, che prima del brano viene presentato ironicamente come “il prossimo Presidente degli Stati Uniti”. La band aveva rifiutato l'incredibile offerta di 2 milioni di dollari, da parte della loro casa discografica, al fine di registrare due nuove canzoni proprio in occasione di questo live. La casa discografica allora utilizzò due brani di Walsh che, seppur brani minori rispetto agli altri capolavori del disco, suonati da tutta la band acquistano una loro più spiccata personalità.

Lato 3

Si apre con Seven Bridges Road, una cover di una canzone in puro in stile country di Steve Young (esponente di spicco della “Southern music” americana), che veniva usata spesso dal gruppo come brano “di riscaldamento” nel backstage. E’ eseguita quasi interamente a cappella, accompagnata nell’intermezzo solo da una leggera chitarra acustica. La facilità con cui tutti e cinque membri eseguono le complesse armonie vocali dimostra che gli Eagles sono stati tra i più grandi ed indiscussi maestri in materia.

Wasted Time è una toccante ballata che presenta un delicato velo di malinconia. In questa traccia senza tempo, contenuta nell'album "Hotel California", la voce piena di sentimento di Don Henley cattura l'essenza del desiderio di amore e perdono. E’ un altro “lentaccio” da brividi…

Life in the Fast Lane è un bel rock che sprigiona tanta energia dal sound dei due chitarristi Walsh e Felder. Don Henley dà sempre il suo doppio contributo alla voce e alla batteria: probabilmente è il più grande batterista-prima voce della storia del rock, per la sua contestuale abilità di cantare e portare l’infernale ritmo della sua batteria.

Doolin-Dalton (reprise 2) è un breve intermezzo musicale che rappresenta un anello di congiunzione tra il brano che lo precede e lo segue.

Desperado è un altro capolavoro del disco, una hit di grande fascino, scritta dal solito duo compositivo Frey-Henley, che potremmo definire i Lennon-McCartney degli Eagles! Ambientata nel vecchio west, con un parallelismo tra la vita del fuorilegge di quel tempo e la vita sregolata di una rock band che vive spesso lontano da casa, ha una melodia che ricorda i classici di Ray Charles. La toccante voce di Henley è supportata dal bellissimo piano di Frey ma è l’eccellente lavoro corale della band che l’hanno resa una delle loro canzoni più famose.

Take it to the Limit, è un altro clamoroso cavallo di battaglia, un brano folk-pop dai grandi cori, scritta in un insolito tempo di valzer. E’ cantata dalla voce solista del bassista Meisner, dato che la canzone fu inizialmente scritta come una sua composizione solista. Poiché rimase incompiuta, quando gli Eagles registrarono l'album “One of These Nights”, i due geniacci compositivi del gruppo Henley e Frey l’aiutarono a completarla. E’ venuto fuori un capolavoro amatissimo dai fan, anche se Meisner la cantava malvolentieri nei concerti poiché è uno dei brani più difficili da eseguire, con acuti altissimi, mentre gli altri membri volevano sempre eseguirla anche per il successo che riscuoteva presso il pubblico. Sembra che l’uscita del bassista Messner dal gruppo sia stata dovuta proprio ad una degenerata discussione su questa questione.

Lato 4

Saturday Night è un classico inno rock che cattura l'essenza della ribellione e della libertà giovanile. Dipinge un'immagine vivida di un giovane desideroso di avventure, che spera di trovare conforto e liberazione nella vita notturna della città. Insieme ai soliti straordinari cori, il mandolino di Felder gli dona anche una rilassante sonorità folk.

All Night Long è l’altro pezzo solista di Walsh, dal gran ritmo, che ha un sottile sapore country rock. Il pezzo esalta le doti di eccelso chitarrista di Walsh, che si produce anche in una buona performance vocale, ben assistito dal gruppo. Il brano è stato utilizzato anche come colonna sonora del film “Urban Cowboy”.

Take It Easy è l’elettrizzante hit che chiude il disco. Eccezionale singolo di debutto degli Eagles, inserito nel loro primo disco, è diventato uno dei loro brani più distintivi. Se c’è un pezzo che fa sognare le sconfinate praterie americane solcate dalla Route 66, ebbene … è proprio questo! Il celebre ritornello della canzone incoraggia il giovane protagonista che corre lungo la strada a "take it easy", ovvero a stare calmo e a non lasciarsi prendere dalle difficoltà della vita. Il brano fu scritto a due mani dal celebre cantautore americano Jackson Browne insieme a Glenn Frey. Dopo aver sentito una prima versione della canzone sull’uscio di casa, Frey chiese al vicino-amico di consentirgli di completarla, dato che Browne non era riuscito a finirla in tempo per inserirla nel suo ultimo disco. Le eccellenti doti compositive di Frey conclusero così un capolavoro che fu inserito nel primo disco solista degli Eagles, contribuendo al loro decollo. La canzone, cantata da quest’ultimo, divenne un grande successo. Lo stesso Browne, colpito dallo straordinario risultato di Frey, volle poi inserirla in un suo disco successivo.
Un’ultima curiosità: in questa versione dal vivo, gli Eagles cambiano la celebre strofa da “Well, I'm standing on a corner in Winslow, Arizona” cantando invece “Well, I'm standing on a corner in Southern California”, in occasione del concerto tenuto proprio nella loro California, con il pubblico che apprezza la variazione con un’ovazione!

Si chiude così un disco straordinario che registra una grande performance del gruppo, nonostante la crisi dei rapporti tra i vari componenti. Questo per merito sia delle grandi capacità dei musicisti, sia per quello che – paradossalmente - è il maggior difetto del disco, ossia il preciso lavoro di sovra incisione nella fase di post-produzione. Se è vero che questo “perfezionismo” successivo in studio, salvo alcune grandi eccezioni, è una pratica abbastanza comune nelle registrazioni live, ad essere severi il disco non può essere considerato, in senso stretto, un live genuino al 100% e solo per questo motivo non lo faccio rientrare nei miei Top 5 live come meriterebbe. Al contempo, non si può non apprezzare l’ottimo risultato finale, tanto più se pensiamo che nel 1980 la tecnologia era molto differente da quella attuale: coordinare i due principali mattatori, Don Henley e Glenn Frey, che vivevano rispettivamente in Florida e in California, era molto complicato. Per questi motivi, su alcuni brani, fu necessario fare un missaggio delle armonie vocali e degli strumenti, ognuno registrato in studi differenti dell'East Coast o della West Coast, al punto che la società di post-produzione (FedEx) venne ironicamente ringraziata dal produttore degli Eagles (Bill Szymczyk) per il contributo dato.

Al di là di questi aspetti tecnici, il disco è una vera e propria Compilation dal vivo della band che, ormai leggenda del rock, con le proprie canzoni ci ha fatto volare alto, come le aquile, verso l'El Dorado della musica!

Antonio Pezzullo