Gli scritti di Antonio Pezzullo
|
|
Vai Mò - La conferma di un grande artista
"Vaì Mò" è un magnifico disco di Pino Daniele pubblicato nel 1981. Cronologicamente è il suo quarto LP e si colloca in mezzo ad altri due capolavori (Nero a Metà del 1980 e Bella 'Mbriana del 1982) che fanno parte di quella che personalmente definisco la "summa trilogia" dell'arte musicale di Pino. Dopo il grande successo di critica e di pubblico del precedente "Nero a Metà" che lo fece conoscere al grande pubblico, le aspettative sul suo nuovo lavoro erano molto alte e Pino ripagò il suo accresciuto pubblico con un lavoro magistrale.
L'eccellente qualità di questo disco è dovuta anche alla partecipazione di grandi musicisti di talento, facenti parte del cosiddetto "Neapolitan Power", il movimento musicale nato all'ombra del Vesuvio. Pino Daniele (voce e chitarre) riesce a creare una super band formata da Tullio De Piscopo (batteria), Tony Esposito (percussioni), Rino Zurzolo (basso e contrabbasso), Joe Amoruso (tastiere e melodica), Fabio Forte (trombone) e James Senese (sassofono). Lo stesso Pino Daniele, in un'intervista successiva, sottolineò la sua soddisfazione perchè "finalmente ero riuscito a creare una band forte, tutti solisti con alle spalle un passato di contaminazioni musicali. Questo album fu per me molto importante e diede alla mia musica una nuova direzione."
Questo disco mi fa venire in mente due ricordi bellissimi legati alla mia gioventù.
Il primo mi riporta alla prima volta che l'ascoltai. Ero a casa di un mio compagno di scuola a fare i compiti quando all'improvviso arrivò in camera il fratello più grande che ci chiese di prenderci una pausa perchè doveva ascoltare un disco appena acquistato. Nel vedere che era il nuovo disco di Pino Daniele, lo assecondammo senza fiatare. Mise il vinile sul piatto e facemmo un viaggio musicale incredibile: ascoltammo l'intero lato A in religioso silenzio, interrotto qua e là da espressioni di meraviglia e di stupore. Pino aveva creato un altro capolavoro, dove non c'era solo il blues (suo primo amore) ma anche il jazz, il soul, il funky, il rock, la tradizione musicale napoletana ed altre trovate geniali, senza dimenticare i notevoli testi che confermavano il Pino rivoluzionario e ribelle, con la voglia di cambiare il mondo.
Il secondo indimenticabile ricordo è legato allo storico concerto che Pino e la sua band fecero il 19 settembre 1981 nella stupenda cornice di Piazza del Plebiscito a Napoli: un concerto gratuito che richiamò almeno 200mila spettatori da ogni parte d'Italia, presente persino la RAI. Fu il mio primo concerto in assoluto, il mio "battesimo di fuoco", il primo grande evento collettivo dopo il terribile terremoto del 1980: dopo tanto silenzio, quella sera la città di Napoli ritornò idealmente a cantare.
L'album Vai Mò è un'ideale escursione nel mondo musicale dell'artista, della durata di 24 ore, un viaggio che nei testi viene scandito dalle frequenti parole "giorno" e "giornata", "sera" e "notte".
Nella musica di questo Pino Daniele "prima maniera", particolarmente amata dai napoletani, c'è anche tanta contaminazione culturale: Napoli è sempre stato un porto di mare dove da millenni si sono incontrate le culture più disparate. La sua musica risente ovviamente di queste origini e di queste contaminazioni ma è anche aperta alla ricerca dei nuovi suoni e alle sperimentazioni. Inoltre, l'artista racconta, con quella sua passione tutta partenopea, storie metropolitane e popolari, della gente comune.
Il lato A si apre con un brano manifesto del Pino di quel periodo: "Che te ne Fotte", con la celebre parolaccia inserita direttamente nel titolo. In realtà la traduzione logica della frase è "Che te ne frega" ma l'uso della lingua napoletana rende al meglio quello che lui vuol esprimere. L'uso della parolaccia nei testi è un suo marchio di fabbrica, essa però non è mai troppo forte, non è una volgarità di per sè perchè spesso è usata anche con autoironia, per esprimere al meglio la spontaneità e genuinità dei suoi stati d'animo. Musicalmente è un brano dalle stupende ritmiche funky, suonato magistralmente da tutta la super band.
"Yes I know My Way" è il celeberrimo brano che la critica definì di "blues metropolitano". In realtà, in questa pietra miliare del suo repertorio non c'è solo blues ma anche funky e rock, in sintesi c'è quella sperimentazione musicale così cara all'autore, supportata dalla sublime ritmica di Tullio De Piscopo e Rino Zurzolo, che trascina anche le favolose tastiere di Joe Amoruso e l'inconfondibile chitarra solista di Pino. Il brano divenne una "hit" che ebbe successo in tutta Europa, facendo conoscere l'artista al di fuori dei confini nazionali.
Uno dei tanti gioielli del disco è "Notte che se ne Va", una stupenda e dolcissima ballata arricchita dal favoloso assolo di sax del maestro James Senese. Il testo è uno dei più lirici del grande artista: la notte è per molti il momento del riposo, per altri il momento più problematico della propria esistenza, per altri il momento del silenzio e delle riflessioni. Pino riesce con questo meraviglioso brano ad esplorare il mistero e il fascino della notte.
Ho un ricordo particolare di questo pezzo. Il giorno in cui Pino ci lasciò ero in vacanza a Berlino, la sera andammo a cena in un ristorante italiano e dal sottofondo si sentì che la radio tedesca, in suo onore, trasmise proprio questo brano..."Notte astretta pe' chi vvo' durmì, chiude l'uocchie e nun riesce 'a capì"... fu un momento di grande commozione.
Un altro pezzo fantastico è "Viento e Terra", da molti considerato uno dei suoi capolavori assoluti, dove già troviamo le commistioni di generi più disparati come il funky, il jazz e la samba, il tutto mescolato sapientemente dalla sua arte musicale. Il brano si apre subito con un breve assolo di chitarra e con la celebre frase: "E passerà, sarà un vento caldo solo pieno di pazzia che dal sud arriva e ti tiene sveglio"... Poi prosegue col ritmo della batteria di De Piscopo che trascina ancora una volta tutti gli altri musicisti. Memorabile resterà la sua splendida chitarra che ci regala uno degli assoli di maggior bellezza della sua carriera.
Dopo tanto ritmo, ecco che arriva la soft "Nun ce sta Piacere", una ballata in stile jazz fusion, di grande atmosfera, dominato dal bel piano di Joe Amoruso.
Il lato A si chiude con una breve canzone che è un altro gioiello compositivo. La splendida "Sulo pe Parlà" è una specie di preghiera laica intimista dove Pino trova una melodia sofisticata nel solco della tradizione partenopea. Il brano è stato oggetto successivamente anche di una bellissima cover eseguita magistralmente da Fiorella Mannoia. Lo stesso Pino amava particolarmente il brano perchè "canzoni come Sulo Pe Parlà mi ispirarono a proseguire una personale ricerca sulla melodia".
Il lato B si apre con "Puortame a Casa Mia", un brano d'ispirazione jazz con contaminazioni blues e soul, dove Pino usa la propria (grande) voce come uno strumento musicale. Il poderoso sax tenore di James Senese completa la bellezza della composizione.
"Ma Che Ho" è un brano dalle meravigliose ritmiche funky e mediterranee, dove tutti i musicisti si esaltano grazie ai loro virtuosismi solisti. In particolare il brano è zeppo dell'incredibili percussioni di Tony Esposito, che utilizza persino pentole e pentoline di ogni tipo per far uscire dei suoni originali, dimostrando ancora una volta che le sue percussioni non sono seconde a nessuno.
"Un Giorno che non Va" è un pezzaccio soft jazz, dominato dal favoloso trombone di Fabio Forte. E' un brano di grande atmosfera, ascoltandolo ad occhi chiusi ti trasporta in un vecchio locale notturno e fumoso di New Orleans ma la voce calda di Pino poi ti riporta a...Napoli!
In "Have You Seen My Shoes" abbiamo nel testo la maggiore contaminazione tra l'inglese ed il napoletano, brano che testimonia la sua originale "malatia 'e l'America", quest'ultima madre sempre prodiga con cui però Pino ha un rapporto di odio-amore.
Anche il lato B finisce con una brevissima canzone: "E' Sempe Sera", che si può definire una vera e propria "emozione in musica" e merita qualche riga in più. Sembra che Pino la registrò per ultima quando l'album era già pronto e volle fortemente inserirla. La canzone rappresenta il suo commosso omaggio alle migliaia di vittime del grande terremoto dell'Irpinia, che colpì gran parte del sud Italia il 23 novembre 1980. Essa ha una durata inusuale, volutamente simile a quella della forte scossa di terremoto: provate ad ascoltarla, immaginate il tempo che trascorre e capirete solo in parte la durata di quell'evento tragico.
Vagamente ispirata alla celebre poesia del Quasimodo, ha un testo brevissimo ma bellissimo, dove il tema della sera (Chist'anno nun se po' scurdà, a vote 'e gira è sempe sera) esprime al meglio il periodo buio e difficile che stava vivendo la popolazione campana; al contempo il testo esprime anche l'angoscia ed il dolore per le numerose vittime (ma je mò nun 'ngarro cchiù 'a sunà - ma io adesso non riesco più a suonare).
Pino inizia la canzone con una nuda chitarra che accompagna la sua voce commossa, puntellata dal malinconico contrabbasso di Rino Zurzolo. Le delicate percussioni di Tony Esposito e la struggente melodica di Joe Amoruso supportano il brano con altrettanta maestria. "E' Sempe Sera" è un piccolo capolavoro che ancora oggi commuove ad ogni ascolto.
Il noto cantautore Angelo Branduardi ricordò, in un anniversario della scomparsa di Pino Daniele, proprio quest'ultimo brano, meno noto al grande pubblico, sottolineandone la straordinaria sensibilità del grande artista nel trasformare un proprio stato d'animo in un mix perfetto di testo e musica!
Caro Pino, quanto ci manchi...
Antonio Pezzullo
|