Gli scritti di Antonio Pezzullo
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Bella 'Mbriana: la maturità di un capolavoro!
BELLA 'MBRIANA è uno splendido disco di Pino Daniele pubblicato nel 1982. Cronologicamente è il suo quinto LP. Pur essendo preceduto da altri due capolavori come "Nero a Metà" e "Vai Mò", "Bella 'mbriana" rappresenta per molti fan la vetta e maturità dell'arte musicale del grande artista.
Innanzitutto, partiamo dal titolo.
"Bella 'mbriana" è il nome dello "spirito casalingo benigno" che c'è in ogni casa secondo un'antica leggenda napoletana. Il termine deve il suo nome proprio alla Meridiana, simbolo del sole e quindi del calore domestico. Il disco è un vero e proprio "quadro" dell'universo musicale intorno a Pino, dove l'artista pennella macchie intense dei suoi "mille culure" musicali in uno stile più ricercato, dove le influenze etniche, sia napoletane che esotiche, sono evidenti. L'album è il riuscitissimo esperimento di proporre una "fusion" di suoni provenienti da tante parti del mondo, raggiungendo una mirabile bellezza compositiva, dove non mancano i richiami agli echi lontani di grandi maestri, come il rock di Carlos Santana e Eric Clpaton, il blues ed il soul di B. B. King e George Benson.
Dai primi tempi di Terra Mia Pino è ormai cresciuto, così come il "Neapolitan Power", il grande movimento musicale nato all'ombra del Vesuvio. Entrambi hanno raggiunto l'apice, diventando i simboli di quella voglia di rivalsa e rinnovamento di un popolo sofferente ma mai domo. Oltre alla presenza dei bravissimi Tullio De Piscopo e Joe Amoruso, noti musicisti del "Neapolitan Power", l'accompagnano due grandissimi artisti del jazz fusion, come Wayne Shorter e Alphonso Johnson dei "Weather Report". La band che suona ed accompagna Pino in questo disco è dunque di caratura mondiale! Pino con questo disco vuole confrontare la sua musica proprio con quei miti americani che l'avevano ispirato, mettendo sempre al centro della sua ricerca la musica mediterranea.
La copertina del disco, dove Pino esce da quella che sembra una tipica casa napoletana, ci anticipa che il disco sarà un racconto disincantato della vita quotidiana della sua città ma con uno sguardo (come sempre) rivolto anche al resto del mondo. Nelle tematiche affrontate nei testi c'è tutto il Pino "prima maniera", rivoluzionario ed arrabbiato, che denuncia i mali e le contraddizioni della società, i problemi quotidiani della gente e non le manda a dire. Non mancano però spunti più riflessivi ed intimisti, anche di natura spirituale.
Passiamo ad analizzare le varie tracce.
Il livello compositivo eccelso è intuibile già dal primo languido brano "Annarè", una ballata soft dalle sonorità dolcissime, che ha un meraviglioso assolo finale in stile jazz della magica chitarra di Pino. Nel testo c'è l'invocazione alla libertà: "Lascia pazzia tutte 'e creature songo 'e Dio... E curre, curre forte pe' nun te fa piglià, e anuje ce resta 'o tuorto 'e chesta libbertà."
Il secondo brano è la hit che trascina l'intero disco, quel "Tutta n'ata Storia" che diventerà un grande classico del suo repertorio: è un mix di rock e funk con una forte personalizzazione nello stile, dove la lingua napoletana è prevalente rispetto all'italiano ed all'inglese, le altre due lingue che il grande artista usa nel disco. Quella lingua napoletana che - come i grandi maestri classici napoletani - Pino è riuscito a portare a vette poetiche ed espressive eccelse, parolacce comprese, quest'ultime adottate per esprimere la genuinità dei propri sentimenti, sia d'amore e sia soprattutto di rabbia. E' questa tipica caratteristica lo differenzia dai grandi autori napoletani del passato. Nei testi Il brano è una dichiarazione d'amore-odio verso quell'America che tanto l'ha ispirato sin dalla sua gioventù: lui non vuole andare in America ma costruire l'America nel posto in cui è nato.
La terza canzone è la title-track "Bella 'mbriana", che dà il nome all'album e che si presenta come una raffinata anticipazione della futura "world music", dove i ritmi sudamericani si sposano con ricercate armonie e melodie dal gusto squisitamente mediterraneo. Il groove di Tullio De Piscopo in questo brano è davvero molto originale. Nel 1982 fu adottata anche come sigla iniziale del programma televisivo della RAI "Sotto le Stelle".
"Tarumbò" invece è un brano particolarissimo dove nel testo c'è una severa satira antipapale, percepito come una figura lontana dai problemi quotidiani della gente (un po' come aveva fatto anni prima Edoardo Bennato nel brano "Affacciati Affacciati"). Musicalmente con questo brano Pino "ufficializza" la nascita di questo suo nuovo personalissimo stile, che lui stesso denomina "Tarumbò", ad indicare la mescolanza di tarantella e blues, assunti come simboli primari della fonte d'ispirazione della sua musica.
Non possono mancare i tributi al blues, primo amore di Pino, come in "I Got the Blues" che presenta uno strepitoso assolo di basso di Alphonso Johnson. La canzone è una sorta di lettera dedicata al fratello minore Carmine (O Giò è il diminutivo) che non vede da tempo e per questo gli manca la sua compagnia.
Il rock di "Mo Basta" apre il lato B alla sua maniera, con un Pino incavolato contro tutti: la parolaccia qui è d'obbligo e viene usata come detto per esprimere la schiettezza dei suoi stati d'animo, come moto di ribellione a certe situazioni (riferite ovviamente anche alla sua Napoli) che non mutano in meglio. Una situazione simile l'avevamo vista anche nel testo di "Che te ne fotte", un brano tratto dal precedente LP "Vai Mò"
"Io Vivo Come Te" è uno dei tanti capolavori del disco, una bella canzone d'amore con un testo molto sentimentale: "il mio sole nascerà dove cammini tu, il mio sole morirà dove vivi tu". Musicalmente è una dolcissima ballata dove la "jazz fusion" raggiunge il culmine grazie anche al magico sax di Shorter che ci regala assoli memorabili, accompagnato dalle particolari tastiere di Joe Amoruso che fa uscire un suono originale, raramente sentito prima.
"Ma Che Mania" invece vede protagoniste le meravigliose ritmiche funky e mediterranee, con richiami al soul: qui la batteria di Tullio e le tastiere di Joe si esaltano al massimo e trascinano tutti gli altri musicisti in un brano che è anche perfetto per una jam session. L'assolo delle tastiere di Joe Amoruso è molto originale, mentre Pino usa la sua voce come uno strumento musicale.
"E Po' Che Fa" è una poesia purissima di blues-jazz che da sempre definisco il "jazz secondo Pino", con arrangiamenti che sfiorano la perfezione, in uno stile personalissimo e raffinato che "tene 'o feeling". La canzone è diventata una cover molto famosa anche nel lontano Brasile, tradotta nella lingua portoghese col titolo "Bem Que Se Quis" dalla cantante brasiliana Marisa Monte.
"Toledo", dedicato alla strada principale della sua città, è un brano eccezionale che presenta un leggendario duetto tra il sax intimista di Shorter e la chitarra elettrica "parlante" di Pino. "Toledo" è uno dei rari pezzi strumentali (il più noto) della carriera di Pino Daniele: è talmente perfetto che non servono testi di supporto, parla solo la musica in maniera sublime, con un linguaggio universale che solo i grandissimi musicisti sanno trasmettere. E' un brano dove tutta la magnifica band che l'accompagna dà il meglio di se, esaltando la bellezza della composizione che ti avvolge, più l'ascolti e più vorresti che non finisse mai.
L'album finisce col richiamo delle radici: la tradizione musicale napoletana è evidente nel pezzo più intimista e malinconico dell'album, che lo chiude magistralmente: "Maggio Se Ne Và". Come già accaduto in passato, l'ultima canzone di un suo disco è un breve ma intenso gioiello compositivo: è un'intima riflessione della ricerca di Dio, che si può scorgere anche dentro una breve canzone. Il brano colpì moltissimo anche il grande Wayne Shorter che scrisse sullo spartito della canzone le seguenti profetiche parole: "Da queste note tutti capiranno da dove vieni ed il vento porterà le tue melodie in giro per il mondo". Infine, di recente la canzone è stata utilizzata anche come colonna sonora iniziale della fiction Rai "Il Commissario Ricciardi" dell'ispirata penna di Maurizio De Giovanni. Una canzone del 1982 che meravigliosamente si adatta alla Napoli dei primi anni Trenta (in cui è ambiento il romanzo), che dimostra il genio di un artista nel catturare l'essenza - senza tempo - dell'animo napoletano.
Amici miei, nella successiva discografia di Pino Daniele difficilmente rivedremo un'ispirata e raffinata bellezza compositiva così completa, questo è l'album che chiude una delle più belle trilogie sequenziali della musica italiana di sempre: "Nero a Metà", "Vai Mò" e "Bella 'mbriana".
Caro Pino, quanto ci manchi...
Antonio Pezzullo
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