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Massimo Di Quirico

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Gli scritti di Antonio Pezzullo









CARAVAGGIO
“Genio e Sregolatezza”



Michelangelo Merisi, detto “Caravaggio” dal nome del luogo d’origine della sua famiglia, nacque a Milano il 29 settembre 1571. Il luogo di nascita fu per molto tempo creduto nel Comune di Caravaggio ma, in tempi moderni, la scoperta fortuita del suo atto di battesimo ha definitivamente risolto la questione. I genitori si erano trasferiti a Milano a causa del lavoro del padre che faceva parte delle maestranze della Fabbrica del Duomo. Sin da piccolo, mostrò le sue innate propensioni al disegno ed alla pittura per cui fu subito chiaro alla famiglia quale sarebbe stato il suo mestiere da grande.
Nel 1584, giovanissimo, iniziò il suo primo apprendistato a Milano presso la bottega di Simone Peterzano, un noto pittore manierista, che era stato a sua volta allievo di Tiziano a Venezia. Grazie al suo maestro, Caravaggio assimilò la lezione pittorica del realismo lombardo.
Nel 1593 si trasferì a Roma ed i primi mesi furono molto difficili. Cambiò varie sistemazioni finché a fine anno non entrò a far parte della bottega di Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d’Arpino, pittore locale di fama e di tradizione manierista. In questa fase si specializzò a dipingere le prime nature morte ma ben presto, spinto dal suo carattere inquieto ed orgoglioso, decise di mettersi in proprio.
Nacquero così le sue prime opere ispirate alla realtà della vita quotidiana, una consuetudine pittorica che non si era ancora affermata a Roma: Fanciullo che monda un frutto (1593), Fanciullo con canestro di frutta (1593/94), Bacchino malato (1593/94). In particolare nella Buona Ventura (1593/94) e I bari (1594), Caravaggio riprodusse con estrema fedeltà la vita che osservava nelle strade romane, opere che presentavano anche un monito di carattere morale.
La fortuna del giovane artista iniziò però quando il Cardinale Del Monte, ambasciatore mediceo, notò alcune di queste sue opere e ne rimase colpito, al punto che le acquistò (I bari e Buona Ventura). L’ambasciatore era un noto mecenate ed appassionato d’arte. Colpito dal suo stile pittorico, decise d’ospitare l’artista nella sua residenza a Palazzo Madama (dove oggi c’è
Bacco (1596/97)
la sede del Senato), creandogli così un ambiente particolarmente favorevole per esprimere al meglio la sua arte. In questo periodo felice che va dal 1595 al 1600, Caravaggio eseguì altri dipinti che potremo definire “da galleria” tra cui: Ragazzo morso da un ramarro (1594/96), Riposo durante la fuga in Egitto (1595/96), Bacco (1596/97), Il suonatore di Liuto (1597), I musici (1597), Canestra di frutta (1598/99), San Giovanni battista (1598), ecc.
Grazie all’aiuto del suo mecenate, il nome dell’artista si diffuse tra le più importanti famiglie romane, che divennero le sue più importanti committenze: Cantarelli, Cerasi, Barberini, Borghese, ecc. Proprio in questo periodo, dipinse uno dei ritratti più noti: Ritratto di Maffeo Barberini (1598), il futuro Papa Urbano VIII. Nel corso della sua carriera, il pittore non dipinse molti ritratti al punto che ancora oggi ce ne sono pochi in circolazione.
Vocazione di San Matteo (1600)
Caravaggio ottenne la sua prima importante committenza pubblica dal Cardinale Cantarelli per la chiesa di San Luigi dei Francesi, dove nella cappella di famiglia dipinse la Vocazione di San Matteo e il Martirio di San Matteo, eseguiti tra il 1599 e il 1600; successivamente dipinse anche San Matteo e l’Angelo (1602). Questi capolavori gli portarono fama e fortuna per cui subito dopo, nel 1601, Caravaggio prese un’altra importante commissione per la cappella Cerasi nella chiesa di Santa Maria del Popolo, dove dipinse altre due tele capolavoro: Crocifissione di San Pietro (1601) e Conversione di San Paolo (1601). Vocazione di San Matteo (1600)
Nel frattempo, le commissioni private non smettevano d’arrivare e la produzione continuò con altri quadri celebri come la Cena di Emmaus (1601) su richiesta del nobile Mattei o Giuditta che decapita Olofene (1601/02) su commissione del banchiere Costa.
Nella Roma del tempo attraversata da un grande fermento artistico, le commissioni pubbliche aumentavano e nella cappella Vittrici della chiesa di Santa Maria in Vallicella, celebre sede dell'Oratorio di San Filippo Neri, dipinse La Deposizione (1604). Il dipinto fu particolarmente apprezzato dalla famiglia committente e riscosse anche le lodi dei biografi del suo tempo.
Un’altra commissione pubblica, che pose il pittore al centro delle discussioni del tempo, fu la Madonna dei Pellegrini (1606) nella chiesa di Sant’Agostino, la stessa chiesa dove il pittore si rifugiò per evitare l'arresto dopo aver ferito a piazza Navona un notaio che lo aveva accusato di aver rivolto troppe attenzioni alla sua amante. In effetti, la figura della madonna ha le sembianze proprio di questa donna, di nome Lena, che era una nota cortigiana romana. Il quadro, nella sua straordinaria bellezza, è estremamente realistico, con la madonna che ha in braccio il bambino un po' cresciuto e con le figure dei pellegrini rappresentati con i piedi laceri e sporchi, così come Caravaggio li aveva realmente visti nel grande giubileo del 1600. Per fortuna il dipinto non fu respinto dal committente, come invece successe per altre sue opere di questo periodo maturo.
Agli inizi del ‘600, il grande pittore maturò un’evoluzione stilistica: la sua pittura accentuava i contrasti del chiaro-scuro, con ombre profonde e luci accecanti, al fine di rappresentare una realtà più immediata e cruda, mentre nelle prime opere giovanili il suo stile era ancora caratterizzato dalla prevalenza dalle tinte chiare. Il realismo della sua arte aumentava sempre di più anche grazie all’utilizzo di modelli che prendeva per strada, tra le persone umili: popolane, vecchi, garzoni. Egli trasferiva sulla tela la vita vissuta, che vedeva ogni giorno da assiduo frequentatore delle strade e taverne romane.
Caravaggio dipingeva senza disegni preparatori, eseguiva pennellate veloci su un fondo scuro, anziché bianco. Con la prevalenza degli sfondi scuri, scomparvero quasi completamente altri sfondi tradizionali come ad es. i paesaggi, ponendo dunque l’attenzione principale sull’uomo. Contestualmente, anche i soggetti della sua pittura cambiavano, da allegorici a sacri, per effetto delle grandi committenze ricevute dal ricco clero romano.
Quest’estremo realismo dei suoi dipinti gli creò però non pochi problemi con i suoi committenti che talvolta rifiutavano le sue opere perché ritenute poco decorose o lontano dai canoni comunemente accettabili. Ad esempio, ciò avvenne quando videro una madonna raffigurata con un cadavere di una popolana a piedi nudi come nell’opera Morte della Vergine (1604) realizzata per la chiesa di Santa Maria della Scala. Ma il rifiuto più doloroso per l’artista fu la Madonna dei Palafrenieri (1606), che fu addirittura rimossa poco dopo da un altare della prestigiosa Basilica di San Pietro in Vaticano, perché le sembianze della madonna erano quelle reali di una prosperosa popolana nota in tutta la Roma del tempo. Il cardinale Scipione Borghese, grande ammiratore del pittore, dopo un po' comprò l’opera ad un prezzo scontato per arricchire la sua collezione d’arte privata.
In questa fase matura, accanto al genio, emerse sempre più anche la sregolatezza della sua vita privata. Per il suo carattere turbolento e inquieto, fu costretto spesso a fare i conti con la giustizia, convocato nelle aule dei tribunali per difendersi da varie accuse come porto abusivo di armi, ferimenti e ingiurie. Le sue amicizie altolocate riuscirono ad evitare il peggio in varie occasioni ma niente potettero fare quando nel maggio 1606, durante una rissa dove rimase anch’egli ferito, Caravaggio uccise un uomo di malaffare, Ranuccio Tommasoni, e fu costretto a fuggire da Roma per evitare la condanna alla pena capitale della decapitazione.
Gli ultimi quattro anni della sua vita furono quelli di un uomo in fuga, ossessionato proprio dal timore della sua pena (decapitazione) al punto che la ritrasse in molti quadri, dove la vittima quasi sempre aveva il volto del suo autoritratto.
Dopo essersi rifugiato per qualche mese nei feudi della potente famiglia romana dei Colonna, nell’autunno del 1606 si rifugiò a Napoli. Qui visse un breve ma intenso periodo felice e molto prolifico. Nel giro di un anno eseguì varie opere, tra cui alcune magnifiche pale d’altare rimaste ancora oggi in città, come i due capolavori la Flagellazione di Cristo (1607) nella chiesa di San Domenico maggiore e Le sette opere di Misericordia (1607) nel Pio Monte della Misericordia.
Le sette opere di Misericordia (1607)
Nessuna città come Napoli amò immediatamente e senza remore le sue opere, il suo personalissimo modo di trasformare la tela in un teatro, la sua capacità di incarnare le storie del Vangelo nel vissuto delle persone comuni. Questo perché la sua arte si combinava perfettamente con l’anima profonda della città. Fu una “combinazione magica”, la stessa che - molti secoli dopo - avrebbe suscitato in città il talento di un altro immenso “artista”, venuto da lontano come Caravaggio e come quest’ultimo adottato ed amato per il suo genio assoluto: Diego Armando Maradona! Guarda caso, in entrambi, la genialità conviveva con la sregolatezza.

Con la venuta di Caravaggio, ben presto a Napoli si sviluppò una scuola pittorica, senza che nemmeno il pittore lo sapesse, la cosiddetta Scuola Caravaggesca, formata dai pittori locali che producevano le loro opere ispirati dal suo stile estremamente realistico.
Nel 1607 si recò a Malta dove, grazie alla sua fama di pittore, gli venne offerta protezione e fu insignito dell’Ordine di Cavaliere di Malta. Qui dipinse nello stesso anno la splendida Decollazione di San Giovanni Battista e San Gerolamo nella cattedrale di La Valletta e l’Amorino dormiente (1608) che poi portò via con sé.
La sua permanenza a Malta durò poco poiché, a seguito di un’altra rissa in cui venne coinvolto nell’isola con un Cavaliere d’alto rango, Caravaggio scappò anche da lì per sfuggire alla vendetta degli emissari dei Cavalieri dell’Ordine. Si rifugiò in Sicilia, prima a Siracusa dove dipinse il Seppellimento di Santa Lucia (1608), poi a Messina dove dipinse altri due capolavori: La resurrezione di Lazzaro (1609) e la Adorazione dei pastori (1609).
Nell’estate del 1609 Caravaggio ritornò a Napoli dove si stabilì. Nel mese d’ottobre dello stesso anno, all'uscita della Locanda del Cerriglio (tuttora esistente), fu vittima di un agguato in cui rimase sfigurato ad opera di alcuni sicari al soldo del cavaliere maltese offeso. Nonostante ciò, rimase a Napoli e qui eseguì altre opere come il famoso Davide con la testa di Golia (1609), dove la testa di Golia decapitato è il suo celebre autoritratto, nonché ben tre
Davide con la testa di Golia (1609) e Bacchino malato (1594)
tele per la chiesa di Sant’Anna dei Lombardi che sfortunatamente andarono distrutte con il crollo di un’ala dell’edificio a seguito del terremoto del 1808. Infine prima di lasciare la città all’ombra del Vesuvio, eseguì Il martirio di Sant’Orsola (1610), che sarà la sua ultimissima opera e l’ultimo capolavoro rimasto ancora oggi in città. Nel giugno del 1610 lasciò Napoli perché gli era arrivata la notizia che il Cardinale Scipione Borghese, suo noto ammiratore, gli aveva promesso di intercedere presso lo zio, il nuovo Papa Paolo V, per fargli revocare la condanna capitale, in cambio di alcune tele che aveva dipinto: erano in pratica il prezzo per la sua libertà. S’imbarcò su di una feluca in direzione di Roma, portando con sé alcune casse contenente i dipinti del suo riscatto. Le notizie degli ultimi spostamenti di Caravaggio sono però ancora oscure. Sbarcò sicuramente sul litorale laziale ma probabilmente fu trattenuto a terra per un controllo mentre nel frattempo il suo bagaglio, per lui vitale, rimase sull’imbarcazione che continuò il suo viaggio verso Porto Ercole.
Disperatamente cercò di raggiungere il luogo di destinazione dell’imbarcazione per recuperare le preziose casse ma nel tragitto si ammalò. La morte lo colse il 18 luglio 1610 a Porto Ercole, non ancora trentanovenne, in seguito ad un attacco improvviso e violento di febbre malarica.
Caravaggio era già famosissimo ai suoi tempi ma stranamente nei secoli successivi fu quasi dimenticato, forse a causa dei suoi detrattori che consideravano la rappresentazione della sua arte molto cruda, quasi feroce. La riscoperta del grande artista avvenne agli inizi degli anni ’50 del Novecento dove, a seguito del clamoroso successo della grande mostra “Caravaggio e i Caravaggeschi”, organizzata a Milano nel 1951 dal famoso critico d’arte Roberto Longhi, fu giustamente rivalutato insieme alla corrente pittorica dei caravaggeschi. Il grande critico d’arte italiano sottolineò l’importanza dell’opera del Merisi nello sviluppo dell'arte pittorica moderna e le sue profonde influenze sull'arte europea dei due secoli successivi, dimostrando altresì l’enorme influenza di Caravaggio soprattutto sulla successiva pittura barocca. A tal fine, Roberto Longhi scriveva: «Ribera, Vermeer, La Tour e Rembrandt non avrebbero mai potuto esistere senza di lui e l'arte di Delacroix, Courbet e Manet sarebbe stata completamente diversa».
La grande riscoperta moderna della sua arte non avvenne solo in Italia ma anche all’estero. André Berne-Joffroy, un grande critico d’arte francese, autore di Le Dossier Caravage, nel 1959 diceva dell’artista: «Ciò che inizia con l'opera di Caravaggio è molto semplicemente la pittura moderna».
Oggi la sua grandezza d’artista e la sua enorme influenza è ritenuta pacifica: nella storia della pittura occidentale c’è stato un prima e un dopo Caravaggio.
Una delle conseguenze più evidenti è stata la scuola Caravaggesca che, nata a Napoli, si è poi
Ottavio Leoni . Ritratto di Caravaggio (1621)
estesa in tutto il mondo e nelle epoche successive. Nei dipinti “caravaggeschi” troviamo l’essenza della sua arte, caratterizzata da un grande realismo nelle figure, rappresentate generalmente su uno sfondo di un’unica tonalità scura e illuminate da una luce intensa. Impossibile elencare tutti i pittori Caravaggeschi ma ne cito solo alcuni: Orazio e Artemisia Gentileschi (padre e figlia), Giovanni Galli (Spadarino), Gerrit van Honthorst (Gherardo delle Notti), i tanti pittori che operavano nel regno di Napoli come Battistello Caracciolo, Jusepe de Ribera (Spagnoletto), i famosi Luca Giordano, Mattia Preti, Francesco Guarini, Francesco Solimena. Molti furono anche i grandi artisti stranieri influenzati dall’opera del Caravaggio: Francisco de Zurbarán, Diego Velázquez, Peter Paul Rubens, Antoon van Dyck, Rembrandt, Jan Vermeer. Tracce d’influenze caravaggesche ci sono anche nelle opere di artisti ottocenteschi come J.L. David, Goya, Delacroix, Courbet, ecc.
Ancora oggi Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, è unanimemente considerato come uno dei più grandi pittori della storia dell’arte e le sue opere hanno un valore inestimabile. Chissà che cosa ne avrebbe pensato il diretto interessato…

Antonio Pezzullo